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E se fossero gli Enti Locali ad aver scommesso sui derivati?

L’investimento nei temibili derivati riguarda un po’ tutti gli italiani, anche quelli che non sanno nemmeno cosa siano i BOT.

La legge che non c'è

La normativa che disciplina la stipula di contratti derivati tra banca e Ente lascia un po'a desiderare. Il legislatore ha iniziato a dedicare uno specifico regolamento a partire dal 2001. Le prime norme erano piuttosto permissive perché ampliavano, col passare degli anni, il campo di azione e le tipologie di strumenti utilizzabili. Per questo l'esposizione finanziaria delle amministrazioni è cresciuta molto velocemente. Con l'emergere degli scandali e dei problemi, però, le leggi sono diventate più severe fino alla Finanziaria 2009 dove viene espressamente vietato agli Enti di stipulare contratti relativi a derivati per un periodo di almeno un anno, e comunque fino alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento che dovrà essere definito dal Dipartimento del Tesoro, in collaborazione con Banca d'Italia e Consob. Il nuovo regolamento dovrà definire i tipi di strumenti che gli Enti possono stipulare e le informazioni che dovranno essere allegate ai contratti per garantire massima trasparenza.

Peccato che questo testo non abbia ancora visto la luce. Per ora fa fede una bozza diffusa nel settembre del 2009 nella quale si richiede di indicare, nei contratti da stipulare, tutte le informazioni necessarie a renderlo comprensibile. In particolare, si punta l'attenzione sui potenziali rischi legati al contratto tramite l'adozione di un approccio probabilistico. Chi lo firma, deve sapere non solo quanto può guadagnare, ma anche le potenziali perdite calcolate in ogni tipo di scenario economico.

Questa bozza ha comunque un certo valore perché, essendo stata messa in consultazione, la metodologia di calcolo dei rischi e dei costi occulti da essa indicata viene utilizzata da consulenti di parte e Procure nei tanti processi sui derivati attualmente in corso.

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