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E se fossero gli Enti Locali ad aver scommesso sui derivati?

L’investimento nei temibili derivati riguarda un po’ tutti gli italiani, anche quelli che non sanno nemmeno cosa siano i BOT.

Ma cosa sono i temibili derivati?

Riassumere o spiegare i derivati in poche parole o a chiare lettere è impresa ardua, perché si tratta di un mondo molto complesso e in costante evoluzione.

Va però subito precisato che hanno radici antiche e che non necessariamente sono fonte di fallimenti colossali, come nel caso della tedesca Metalgesellschaft o della statunitense Enron.

Alcuni di questi strumenti, se usati con cognizione di causa, possono addirittura facilitare una impresa. Chi, durante periodi di forti oscillazioni del prezzo del petrolio, sottoscrive dei future con i quali si impegna a vendere o acquistare il greggio in un certo periodo a un determinato prezzo, per esempio, ha enormi possibilità di proteggersi da eventuali shock del mercato.

Va anche detto, però, che i derivati sono spesso trattati al di fuori dei circuiti borsistici ufficiali, sui mercati cosiddetti over the counter. Trattandosi perlopiù di mercati creati da istituzioni finanziarie o professionisti, non sono regolamentati. Per questo spesso certi scandali erano e sono a tutt'oggi sconosciuti ai più.

Nonostante i molti rischi cui va incontro chi li sottoscrive, però, stanno prendendo sempre più piede, al punto che si calcola che le 9 maggiori banche al mondo abbiano un'esposizione di oltre 228 mila miliardi di dollari, pari a dieci volte il PIL mondiale.

Purtroppo, crisi e fallimenti hanno insegnato ben poco visto che, secondo un report del Dipartimento del Tesoro americano, nel secondo trimestre del 2012 l'esposizione delle banche a questi strumenti finanziari risultava in costante crescita. Insomma, il mondo è seduto su una montagna di derivati. Così come moltissimi Enti locali italiani.

Adesso le autorità sono più attente, le Procure non esitano ad aprire fascicoli. Le ultime "malefatte" in tema di derivati sono state portate a galla dai magistrati di Trani e riguardano almeno un paio di enti locali del nord barese che hanno sottoscritto derivati negli anni scorsi, accusando dopo qualche tempo importanti perdite.

A inizio febbraio alcuni siti di informazione siciliani ricordavano l'indagine di tre anni fa della Corte dei Conti per la Regione Sicilia, dalla quale era emerso che 57 comuni avevano fatto ricorso alla cosiddetta "finanza creativa" accumulando un'esposizione di 3,18 miliardi di euro, e che 30 enti avevano un market to market negativo.

"Poco allegra anche la situazione della Regione che tra il 2005 e il 2007 si è caricata un miliardo e 200 milioni di derivati", scrive BlogSicilia, spiegando che solo per l'anno in corso, e per smaltire un solo debito da 271 milioni, dovrà pagare circa 12 milioni di euro come rata sul capitale, 5 milioni e 337 mila euro come rata sugli interessi per un totale di 16 milioni e 422 mila euro. Ma si tratta di rate ad aumento progressivo, anno per anno, per cui nel 2021 dovrà sborsare 21 milioni 986 mila euro".

Solo questo basta a fare accapponare la pelle.

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