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Che ne sarà di Alitalia? Tagli necessari, ma non bastano

Che ne sarà di Alitalia? E’ questo il quesito che, in questi giorni e nei prossimi mesi, terrà tutti col fiato sospeso. Il nuovo piano industriale, infatti, non convince affatto (per usare un eufemismo) i sindacati che hanno proclamato sciopero nazionale per il prossimo 5 aprile.

Continuano, intanto i tavoli tecnici di Alitalia. Dopo l’incontro del 22 marzo al MISE tra Governo e azienda, il 23 marzo, è stata la volta dei sindacati.

Bocche cucite da parte del Governo. L’unico a parlare tra i ministri presenti è stato quello dei Trasporti, Graziano Delrio, che si è limitato a dire: "Stiamo continuando a lavorare sul piano industriale".

Un piano di risanamento e rilancio quello messo sul tavolo per tentare di salvare Alitalia, che in tanti hanno definito "lacrime e sangue". Teleborsa ne ha parlato con Oliviero Baccelli che dirige il Certet, il centro di ricerca sui trasporti dell’Università Bocconi: "Per riportare Alitalia in attivo, purtroppo, non esiste bacchetta magica, i tagli (necessari) non bastano. Per il futuro, bisogna puntare anche e soprattutto su sviluppo e crescita".

Professore, insomma, non c’è alternativa: nell’immediato la sola strada percorribile è tagliare?

"Nel settore del trasporto aereo, prima di aumentare i ricavi bisogna fare investimenti onerosi che danno, cioè, frutti a medio-lungo raggio. Il problema è il breve periodo e in questa ottica il tema chiave sono ovviamente sempre i costi. Se, dunque, la strategia è di rilancio, una fase di contenimento dei costi è logica e prevedibile nel breve periodo ma è importante tenere ben presente che, invece, nel lungo periodo le parole d’ordine sono sviluppo e crescita altrimenti nessuna via di uscita è risolutiva, occorre cioè avere una visione più ampia in cui i ricavi siano parte integrante del business plan.
Nel breve, però, tagliare è l’unica soluzione perchè non si riescono a fare ricavi in tempi cosi stretti, a meno di eventi fortunati che però non accadano quasi mai. Anzi, eventi come l’attacco terroristico a Londra o come quelli di Parigi possono incidere negativamente, nel breve periodo, sui ricavi.
Non bisogna però chiudersi, qualsiasi intervento deve essere accompagnato da una visione più ampia a medio-lungo raggio che preveda ad esempio, lo sviluppo di maggiori sinergie con altre società, su destinazioni di medio e lungo raggio su cui Alitalia continua ad avere opportunità come la posizione geografica, cercando nel contempo di smarcarsi dal mercato aggressivo delle low cost".

Un’ emorragia che non si riesce proprio a tamponare: nel 2016 la società ha perso 500 milioni di euro…

"Il dato che, nella sua entità, era stato già evidenziato a settembre/ottobre 2016, verrà confermato ed è totalmente fuori linea rispetto all’ipotesi di rilancio necessaria. Quello che è stato fatto dal nuovo management non ha dato i risultati attesi, la logica complessiva che è quella di incidere sui costi, non avendo ben chiaro il ricavo medio sul lungo periodo, va perciò ripensata.
Un bilancio, 500 milioni di perdita ancora più drammatico specie se si considera il contesto generale, invece, favorevole per tutte le altre compagnie europee che hanno registrato bilanci piuttosto interessanti nel 2016 e si sono dimostrate capaci di cogliere la riduzione del petrolio e la crescita del mercato interno dell’Unione Europea che ha saputo approfittare del down degli altri mercati, come quello turco".

E’ necessario puntare sul lungo raggio, eppure finora neanche la nuova proprietà di Etihad ci è riuscita…

"Questo è un tema molto complesso, ogni volo aggiuntivo su lungo raggio richiede infatti un investimento di decine milioni di euro, oltre ovviamente a una preparazione commerciale e di relazioni da mettere in campo che necessitano di tempi lunghissimi, almeno 18 mesi di lavoro intenso da parte della compagnia. Per dirla con i numeri, ogni intervento a lungo raggio comporta un investimento di circa 100 milioni di euro. Bisogna poi gestire un periodo di almeno 3 anni in cui quel volo sarà in perdita perciò chiariamoci da subito, non esiste una bacchetta magica in grado di lanciare 5 o 6 voli l’anno. Alitalia ha un suo programma con un paio di voli aggiuntivi, ma nel breve termine non risolve nulla, i risultati positivi sul bilancio si possono vedere solo nel medio periodo, ma questa è una operazione che richiede un azionista a medio-lungo periodo che possa assorbire le perdite fin tanto che arrivano i ricavi.
Un altro tema chiave è il rapporto tra Alitalia e Aeroporti di Roma che rappresenta, per certi versi, il cuore della strategia e che però che negli anni non è stato sempre idilliaco, ultimamente alcuni tasselli infrastrutturali sono stati sistemati, l’aeroporto di Roma ad esempio è molto più accogliente, quindi ci si può assolutamente lavorare, ma, ripeto, tutti questi interventi, per quanto auspicabili e necessari, potranno avere un loro riscontro non nel breve periodo”.

"Alleanze": potrebbe essere questa la parolina magica? Su quale strategia dovrebbe puntare Alitalia per il futuro?

Ecco qui invece si può agire da subito, stringendo ad esempio relazioni forti con le altre compagnie del gruppo Etihad in Europa su una serie di rotte tra Italia e Germania e questo, a breve periodo, potrebbe produrre effetti positivi.
Penso ad esempio ad AirBerlin, la prima compagnia aerea in cui Etihad è entrata che potrebbe fungere da leva importante e strategica in una ottica di rilancio, ma in questo momento non naviga in buone acque, ci sono logiche di riposizionamento strategico ancora in atto e anche questa "stampella" sembra essere meno solida rispetto al passato, con l’asse Italia-Germania che si è un po’ sgonfiata, ma ci si può lavorare".
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