Numeri che fanno paura perché la verità è che la
povertà in Italia è aumentata a macchia d'olio diventando un fenomeno sempre più preoccupante. Una vera e propria mappa della disperazione che riguarda sempre più individui alle prese con
la crisi e le difficoltà economiche che di allentare la presa non ne vogliono proprio sapere. L'asticella dell'emergenza, insomma, si alza sempre di più fino a raggiungere livelli preoccupanti.
Nel 2016, erano 1,6 milioni le famiglie in povertà assoluta, il 6,3% del totale delle famiglie italiane. In queste famiglie ci sono 4,7 milioni di individui, il 7,9% della popolazione. Lo ha detto il
presidente dell'Istat Giorgio Alleva in audizione sul federalismo, aggiungendo che la distribuzione dei poveri non è omogenea sul territorio: 2 milioni vivono nel Mezzogiorno (43%) e 1,8 milioni al Nord (38,6%), i restanti 870mila nelle regioni del Centro (18,4%).
1 su 5 - In Italia nel 2015 "circa un residente su cinque (19,9%) è a rischio di povertà", ha aggiunto il responsabile dell'Istituto di Statistica, precisando che tali persone vivono in famiglie che nel 2014 avevano un reddito equivalente inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. Fanalino di coda la Sicilia, con più della metà della popolazione (55,4%) che vive in famiglie a rischio povertà o esclusione, viceversa, i valori più contenuti, intorno al 15 per cento, si rilevano nella provincia autonoma di Bolzano (13,7%)".
In medio stat virtus, dicevano i latini. Non sempre. Infatti, è il Centro a dare la fotografia di una situazione allarmante della situazione: "Tra il 2008 e il 2016 il numero dei poveri è aumentato in tutte le ripartizioni. Ma l'aumento più consistente si è registrato nelle Regioni del Centro Italia, dove il numero di poveri è quasi triplicato, e nelle Regioni del Nord, dove è cresciuto di 2 volte e mezzo. Il numero degli individui poveri nel Mezzogiorno, pur raddoppiando, è cresciuto relativamente meno rispetto alle altre ripartizioni".
Nord e Sud, troppe disparità. Questione di PilUn'Italia letteralmente spaccata in due. Anche in termini di Pil, infatti, le differenze sono notevoli: quello del nord-ovest è quasi doppio (33 mila euro pro capite) rispetto a quello del Mezzogiorno (quasi 18 mila). Anche in questo caso Bolzano risulta la provincia al top, con oltre i 40 mila euro, segue la Lombardia con 36 mila euro; agli ultimi posti i 19,5 mila euro della Basilicata e i 16 mila della Calabria in nettissimo ritardo con un differenziale negativo del 39% rispetto alla media nazionale.
FMI: "
In Italia stipendi troppo bassi, aumento rischio povertà" - Un quadro tutt'altro che positivo con
Il Fondo monetario internazionale che rincara la dose. Gli italiani guadagnano meno "di due decenni fa". Secondo gli economisti del Fondo "la retribuzione degli italiani è caduta in basso durante la crisi e non ha ancora raggiunto il ritmo di crescita dei principali paesi dell’area dell’euro".
Gli italiani guadagnano in media meno di 20 anni fa, con i salari e la ricchezza della popolazione in età lavorativa scesi sotto i livelli del 1995, prima dell’ingresso nell’euro. Secondo il Fmi i redditi pro-capite torneranno
ai livelli pre-crisi solo fra un decennio. La quota degli italiani a rischio povertà è aumentata al 29%, con un picco del 44% al Sud, sottolinea ancora il Fmi. In questo quadro "l’emigrazione dall’Italia resta elevata".
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