Mesi di attesa per una tac, ticket sanitari non proprio convenienti, ore di fila al pronto soccorso per un gesso, casi di malasanità a profusione… del sistema sanitario italiano si dice di tutto di più, ma soprattutto si dice di male.
In Italia la parola “pubblico” coincide spesso con “mal gestito”. E così, ecco che la mente vaga verso quei Paesi, come gli Stati Uniti, in cui gli ospedali brillano di luce propria e pagano a peso d'oro le eccellenze della medicina perché basati su un sistema privatistico. E' tutto oro quello che luccica e che mostrano i serial televisivi statunitensi? Evidentemente no, visto che il Presidente USA Barack Obama ha fatto della riforma sanitaria il proprio cavallo di battaglia, causando il primo shutdown governativo degli ultimi 17 anni.
Sanità USA: se paghi, ti curi (forse)Negli Stati Uniti, così come in molti altri Paesi americani, il sistema sanitario è prevalentemente in mano ai privati.
Per ricevere prestazioni mediche bisogna avere stipulato una polizza di assicurazione con una compagnia assicurativa privata. Gli unici programmi assistenziali pubblici sono il
Medicare, rivolto agli anziani ultrasessantacinquenni e indipendente dal reddito, e il
Medicaid, che aiuta le fasce di popolazione sotto la soglia di povertà (che in USA ammonta a 11.490 dollari annui). Chi non rientra nelle suddette fasce deve stipulare una polizza.
Fin qui è tutto semplice e logico: chi ha un reddito decente stipula un'assicurazione e il gioco è fatto. In realtà dietro questo sistema apparentemente perfetto si celano moltissime anomalie, spesso denunciate da più parti come avvenuto in “
Sicko”, il documentario del 2007 di
Michael Moore.
Innanzitutto, i costi delle polizze variano di Stato in Stato e chi non ha la fortuna di lavorare in un'azienda che copre tutti o parte dei costi assicurativi, può arrivare a sborsare anche 600 dollari al mese.
Alcune polizze, soprattutto quelle di base, coprono le spese mediche solo a partire da una certa cifra, mentre quelle più costose danno enormi vantaggi e assicurano trattamenti d'eccellenza. Accade inoltre che in caso di determinate patologie congenite, ma anche di soggetti con comportamenti ad alto rischio di malattie, come per esempio i fumatori cronici, l'assicurazione si rifiuti di stipulare la polizza o chieda premi esorbitanti. Da rilevare, poi, che il cittadino che ha ricevuto cure e prestazioni deve anticipare quanto fatturato da medici e ospedali in attesa che l'assicurazione provveda al rimborso.
Capita dunque che un ragazzo che ha deciso di andare a vivere da solo e che si mantiene con lavori saltuari decida di non stipulare un'assicurazione privata (i casi documentati sono tantissimi). Anche un padre di famiglia in momentanea crisi di liquidità può decidere, magari temporaneamente, di fare a meno dell'assicurazione sanitaria. Pregando, però, che la salute assista lui e la sua famiglia, perché un ricovero potrebbe costargli caro. Nel caso di una semplice appendicectomia si arrivano a pagare 30 mila dollari, che salgono a 85 mila per un trauma da incidente stradale. Un parto gemellare prematuro genera una fattura di 150 mila dollari, un infarto arriva invece a costare fino a 180 mila dollari, E una semplice visita di controllo dal pediatra? Circa 400 dollari.
Questo sistema negli anni ha generato lobby e non ha fatto risparmiare un granché allo Stato visto che, come spiega una ricerca pubblicata nella sezione “Medialab” su La Stampa, gli USA hanno una spesa sanitaria statale più alta (il 19,9% rispetto al totale della spesa pubblica) di altre potenze economiche quali Germania, Francia e Italia (14,4%). Obama ha dunque avuto le sue ragioni a premere per il
Patent Protection and Affordable Care Act, anche noto come
Obamacare. L'obiettivo è quello di “obbligare” tutti i cittadini a stipulare una polizza di assicurazione. Dal canto loro, però, le assicurazione dovranno offrire prodotti accessibili e privi di componenti discriminatore.
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