Lo scenario: mercato veramente libero?
Il mercato ferroviario italiano è ancora fortemente concentrato e lo conferma l’indice dell’Istituto Bruno Leoni sul grado di liberalizzazione del settore ferroviario, rimasto per anni fermo al 49% e addirittura ridottosi in quest’ultimo biennio, per scendere al 36% nel 2011.
Uno dei problemi cruciali da risolvere, per un mercato veramente liberalizzato, è, ovviamente, quello della
separazione della rete dalla fornitura del servizio, come è accaduto per molti altri settori, quale quello della telefonia e dell’energia elettrica.
Poi, occorre valutare la possibile
frammentazione dei servizi, distinguendo il traffico merci dal traffico passeggeri e, in quest’ultima categoria, il trasporto a lunga percorrenza da quello regionale. Inoltre, sarebbe opportuno pensare a privatizzare, lasciando ai privati il servizio a lunga percorrenza (inclusa l’Alta Velocità) e quello delle merci.
Sono questi alcuni passaggi che l’Istituto Bruno Leoni indica come pre-requisito per una vera liberalizzazione del servizio ferroviario, sul modello europeo adottato dalla Svezia e dalla Gran Bretagna con largo successo. Solo così potranno emergere nuovi competitor in grado di portare ad una vera e propria liberalizzazione delle ferrovie, con un aumento degli operatori, una crescita stabile del traffico ed una progressiva riduzione del costo del biglietto. La questione delle tratte in perdita potrebbe essere risolta con un sistema di contributo dello Stato, alimentato dal pagamento dei diritti di concessione sulle tratte profittevoli. L’Istituto, in una ricerca condotta da Ugo Arrigo e Vittorio Ferri, ha indicato un solo punto essenziale, quello di mantenere la proprietà della rete in mano pubblica, per l’imponenza degli investimenti richiesti e per evitare che un taglio degli investimenti possa danneggiare l’infrastruttura più importante del Paese o comportare un aumento degli incidenti.