E che dire dell'impianto di Parma costruito, a detta dell'Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma, "contro il volere della popolazione", "contro le prospettive di sviluppo della raccolta differenziata, contro l'indirizzo ormai chiaro della Comunità Europea, che vede nel 2020 il termine ultimo oltre il quale sarà vietato bruciare"? Tra l'altro l'investimento iniziale, stimato nel 2008 a 134,7 milioni di euro, è lievitato a 192 milioni. Il gestore Iren ha spiegato che a far incrementare il costo del 42,7% hanno contribuito implementazioni richieste per rendere più compatibile l'impianto, ma i cittadini del capoluogo emiliano-romagnolo sono comunque in disaccordo anche perché, come dichiarano, non avranno nemmeno una riduzione della tariffa dei rifiuti.
E' accaduto, poi, che molti inceneritori italiani manomettevano o non rispettavano i target di emissione (si veda lo scandalo dell'impianto di Terni, risalente al 2008).
Infine, costruire un inceneritore ha un costo di non poco conto valutabile attorno ai 375 milioni di euro e ammortabile, pur tenendo conto del recupero energetico, in circa 20 anni. Ogni impianto ha inoltre l'obbligo di incenerire una certa quantità minima di rifiuti per un determinato tempo.
Dunque, al di là di intrighi, tangenti e interessi economici, è chiaro come un termovalorizzatore non sia la panacea dei mali legati allo smaltimento dei rifiuti.
A conti fatti, dunque, è chiaro che l'Italia non eccelle nel trattamenti dei rifiuti. In una relazione della Commissione Europea pubblicata questa estate, nella quale si dava un voto a vari aspetti quali totale dei rifiuti riciclati, violazione della normativa UE, tariffe dello smaltimento ecc., il Bel Paese si è piazzato al ventesimo posto vicino a Stati quali Malta, Cipro, Grecia, Polonia, Romania e Slovacchia. Tutti distanti anni luce da Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia, che mandano in discarica meno del 5% dei rifiuti e sfruttano fino all'ultimo residuo di spazzatura.
In pochi sanno, inoltre, che un cattivo "waste management" è una mancata opportunità economica. La Commissione stima, infatti, che attuando al meglio le leggi comunitarie si potrebbero risparmiare oltre 70 miliardi di euro l'anno, creando circa 400.000 posti di lavoro.
Nemmeno in materia di tariffa sui rifiuti applicata a cittadini, esercizi commerciali e imprese l'Italia eccelle. L'attuale tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, abbreviata in TARSU, viene applicata sulla base del costo totale del servizio di raccolta e successivo smaltimento dei rifiuti adottando un solo parametro: la superficie dei locali di abitazione e di attività dove possono avere origine i rifiuti. La TARSU dovrebbe però lasciare il posto alla tariffa di igiene ambientale, o TIA, che avrà come obiettivo quello di far pagare agli utenti esattamente per quanto usufruiscono del servizio (nel modo più preciso possibile). Questo avrà due conseguenze importantissime: si affinerà la raccolta differenziata e molte persone saranno invogliate a ridurre i consumi di spazzatura.
"