Il risparmiatore alle prese con la nuova legge
Tra le misure contenute nella manovra, alcune riguardano la tassazione delle rendite finanziarie. Questo farà sì che una parte dei soldi necessari per rafforzare i conti pubblici italiani, arriveranno direttamente dal portafoglio titoli dei risparmiatori e da una rimodulazione delle aliquote fiscali sulle rendite finanziarie. Il testo di legge farà aumentare l'imposta di bollo sul dossier titoli che, a partire dal 2013, cambierà in base alla giacenza sul conto titoli.
La rivisitazione degli importi è stata concepita in due scaglioni, lasciando immutato l'importo previsto per i depositi al di sotto dei 50 mila euro, prevedendo invece degli steps (50.000 - 150.000; 150.000 - 500.000; da 500.000 in su) a cui agganciare la relativa imposta di bollo. Importi destinati successivamente a crescere a partire dal 2013, fatta sempre eccezione per depositi sotto i 50 mila euro, la cui tassazione resta ancorata ai valori pre-manovra.
Al di là dell'imposta di bollo, la legge per la stabilizzazione finanziaria ha rivisto, in molti casi al rialzo, anche le attuali aliquote delle rendite finanziarie. A partire dal 1 gennaio 2012, gli introiti derivanti da attività finanziare, verranno tassati al 20%, con l'eccezione di quelli che provengono dal possesso di titoli di Stato e strumenti assimilabili, per cui l'aliquota rimarrà quella 12,5%. L'innalzamento dell'aliquota viene poi precluso, oltre che ai titoli di Stato, anche ai titoli di risparmio per l'economia meridionale e per i piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti. Su tali strumenti la tassazione rimarrà ancora al 12,5%.
Risulteranno oggettivamente più attraenti le obbligazioni pubbliche, i titoli di Stato e tutti i titoli equiparati. Di questi faranno parte anche i titoli dei Paesi iscritti alla White List (Paesi con cui l'Italia ha una convenzione sullo scambio di informazioni) e le obbligazioni di enti internazionali fra i quali (Bei, Birs o altri).
Anche per i titoli governativi come BOT, BTP o i buoni postali, nulla cambierà. Questo farà sì che il loro rendimento netto rimarrà immutato rispetto al passato e rispetto a quelli dei bonds societari per i quali il discorso è diverso. Un BTP, per esempio, che in questo momento di difficoltà del debito pubblico italiano può avere un rendimento analogo a quello di un corporate bond, sarà sicuramente più vantaggioso, visto che la ritenuta sul bond statale rimarrà al 12,5%, mentre per quello corporate, ossia di un emittente privato come una società, arriverà al 20%.
I corporate bonds, quindi, per diventare più invitanti agli occhi dei risparmiatori dovranno offrire rendimenti più allettanti delle obbligazioni statali. Penalizzato, sarà anche il bond bancario, per cui la legge prevede l'obbligo di inserire nel prospetto informativo un confronto tra rendimento netto offerto dalla banca in questione e rendimento di un titolo di Stato con la stessa scadenza.
Il nuovo regime fiscale non verrà, però, applicato a tutti gli investitori, ma solo ai cosiddetti "nettisti", ossia le persone fisiche e alcune tipologie di enti. Nessuna deroga invece è prevista per gli investitori istituzionali, o "lordisti" come, per esempio, i fondi comuni, i fondi pensione e tutti gli investitori esteri.
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