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Tricolore sbiadito per il Made in Italy

La certificazione del prodotto italiano
Da sempre l'Italia, oltre che Paese di santi, navigatori e poeti, è il paese dello stile. Non è un caso che l'italian style sia simbolo in tutto il mondo di raffinatezza ed eleganza non solo per la moda, che è il fiore all'occhiello del bel Paese, ma anche per mobili e suppellettili disegnati da una sapiente mano tricolore.

Con l'espressione made in Italy, che si è guadagnata anche un posto sull'enciclopedia multimediale Wikipedia, si indica il processo di rivalutazione della produzione artigianale e industriale italiana che ha spesso portato (soprattutto negli anni '80) i prodotti italiani ad eccellere nella competizione commerciale internazionale. Fino a poco tempo fa, nella realtà dei fatti, apporre la dicitura "Made in Italy" su un prodotto era possibile solo riferendosi alla parte imprenditoriale del "produttore", mentre quella produttiva (manifatturiera, coloro che materialmente lavorano il prodotto) vera e propria poteva trovarsi in qualsiasi angolo di mondo. Bastava quindi che il prodotto fosse stato "pensato o disegnato e gestito" da un imprenditore italiano, per potersi tranquillamente fregiare di tale marchio, anche se questo poi nella realtà dei fatti veniva costruito in un qualsiasi altro luogo.

Il made in Italy, quindi, non sempre è stato fatto nel Bel Paese. Prodotti italiani e cioè abiti, scarpe e borse firmate da famosi stilisti, venduti a prezzi da capogiro, erano spesso prodotti al di là dei confini nazionali.
Per non parlare poi di un altro fenomeno, quello della contraffazione, attuata sempre in Italia. Secondo quanto riportato dall'Ansa su un articolo del 30 marzo che cita le stime di Metroconsult, dal 1993 al 2005 il mercato del falso è cresciuto del 1.850%. La Banca dati Antifrode ha registrato oltre 9 mln di sequestri nel 2008. Nei primi 6 mesi del 2009 sono stati sequestrati 9,76 mln di prodotti contraffatti e la perdita per lo stato, in termini di mancate entrate fiscali, è superiore a 5 mld.


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