La legge sul "made in Italy"
Per cambiare questo stato di cose e difendere marchi e produzioni italiani, già da tempo si era pensato ad un
disegno di legge che potesse in qualche modo far sì che il prodotto fosse italiano al 100%.
La tanto desiderata legge è arrivata lo scorso 10 marzo quando la commissione Industria del Senato ha convalidato un disegno di legge sul made in Italy per abbigliamento, calzature, pelle e divani.
Dopo l'approvazione unanime della Commisione Industria del Senato, la ratifica della Camera sembrerebbe ora solo una formalità.
La legge prevede un sistema di
etichettatura obbligatoria dei prodotti della pelletteria e del calzaturiero che metta in risalto il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione garantendone la tracciabilità. Il marchio "Made in Italy", quindi, potrà essere apposto solo sui prodotti finiti che abbiano avuto fasi di lavorazione
"prevalentemente" nel territorio nazionale.
Ma qui scattano già i primi dubbi: cosa si intende per "prevalentemente"? La legge specifica che almeno due passaggi della lavorazione devono essere effettuati in Italia. Gli altri, dovranno portare l'indicazione dello Stato di provenienza.
E' chiaro che già prima di nascere la norma presenta lacune macroscopiche visto che potranno essere definiti "italiani" a tutti gli effetti oggetti che in Italia siano stati solo assemblati e rifiniti. Ma come si potrà parlare di prodotto italiano nel caso, per esempio di un paio di scarpe se la concia, la lavorazione della tomaia e il pellame sono "stranieri"?
Per quanto riguarda l'
etichetta, essa dovrà indicare che le lavorazioni hanno rispettato le norme vigenti in materia di lavoro di sicurezza dei prodotti, l'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonchè il rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali per l'ambiente.
Le
sanzioni previste vanno da 10 a 50 mila euro per mancata o scorretta etichettatura. Se la violazione è reiterata sono previste anche pene detentive variabili da uno a sette anni, dipende se dietro la truffa c'è un'organizzazione dedita a questo reato. Da sempre Consiglio e Commissione Europea hanno bocciato ogni possibilità di etichettatura obbligatoria limitandola a prodotti extraeuropei. Unica eccezione concessa è quella che riguarda gli aspetti "sanitari", quelli a tutela della salute dei consumatori.
Quindi anche dopo l'approvazione definitiva della legge sul "Made in Italy" per non entrare in collisione con la
Commissione UE si è pensato di farla entrare in vigore solo dopo l'1 Ottobre 2010, per dare tempo a Bruxelles di esprimere un parere nel merito.
E allora fatevi avanti imprenditori italiani se volete che il vostro prodotto si fregi dell'agognato brand "made in Italy"... c'è ancora un po' di spazio per quello che italiano del tutto non è!
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