Una crisi da avidità
Così la fornace lavora, lavora finchè il meccanismo, inevitabilmente, si inceppa e crolla definitivamente: la "grande fornace" non solo si spegne, ma va in pezzi e trascina con se Banche commerciali, Banche di investimenti, Assicurazione. E, soprattutto, il crollo finanziario contagia rapidamente il mondo dell'economia reale.
Il disastro che ne consegue è ormai ben noto a tutti e non merita ulteriori approfondimenti: basterà dire, tanto per capire di che cosa stiamo parlando, che il costo dell'attuale crisi è stato stimato in un recente studio in circa 4500 mld di $ appena al di sotto dei 4800 mld (in moneta attualizzata e quindi comparabile) spesi per la 1° e 2° Guerra mondiale messe insieme, nonché dei 1200 mld di $ spesi per la Guerra del Vietnam e di Corea.
Dunque, se per crisi di avidità si deve intendere quella crisi ove è l'uomo che ne crea deliberatamente i presupposti tentando di ottenere, da una parte, facili guadagni e, dall'altra, il trasferimento ad altri (o la traslazione nel tempo) dei rischi connessi, quella attuale è probabilmente la più grande crisi da avidità dell'era moderna.
E che l'attuale sia una vera crisi di avidità è dimostrato anche dal fatto che l'attuale crisi finanziaria non ha causato l'implosione (salvo successivi salvataggi pubblici) dei principali sistemi bancari del mondo civile, ma solamente di quelli dove l'avidità aveva preso il posto della sana gestione del credito. Tanto è vero che, mentre negli USA si sono già registrati 15 fallimenti bancari dal 1° Gennaio 2010 e ben 140 nel 2009, il virus dei mutui subprime non ha trovato spazi nel sistema bancario canadese ancorché vicinissimo geograficamente agli USA.
Infatti qui il virus si è scontrato con un insieme di banche ben patrimonializzate, poco inclini alla finanza innovativa, ben strutturate a livello di controlli interni e attentamente sorvegliate dagli organi di vigilanza centrali. In fondo, anche da noi, " il meccanismo della fornace" non ha attecchito in modo particolare: forse nel corso del 2009 alcune banche italiane hanno per un po' abbassato la soglia di prudenza nella concessione dei mutui, ma quasi subito l'impostazione di base, la vecchia scuola dei nostri deliberanti e direttori ha permesso di riprendere il controllo della situazione; e poi, tutto sommato, in Italia il potere politico non ha mai ritenuto particolarmente interessante cavalcare il principio dei "mutui casa facili, poco costosi e per tutti" e, quindi, non ha mai dovuto fare grandi pressioni a riguardo sulle banche; alla peggio, semmai, qualche singolo politico ha chiesto alle banche un occhio di riguardo per qualche singolo elettore, ma questo mi pare, in fondo, un fenomeno, magari irrituale, ma assai meno preoccupante di quello legato ai "prodotti da fornace".
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