IN CONCLUSIONEAl momento, dal punto di vista tecnologico, non sono facilmente identificabili alternative valide all'olio di palma, per il quale il problema nutrizionale sta più nello stile di vita dei consumatori dei
paesi occidentali, che spesso consumano troppi grassi e conducono una vita troppo sedentaria, che non nell'olio di palma e nella sua composizione. Ci si può spingere ad indicare l'opportunità di utilizzare altri oli nelle preparazioni domestiche e anche nella ristorazione, per usi che lo consentono, ma questo già accade.
Dal punto di vista tecnologico, soprattutto per la frittura artigianale e per la formulazione di prodotti da forno,
l'olio di palma consente di ottenere prodotti buoni, con un'ottima consistenza e stabili nel tempo. Si evita così di proporre al consumatore prodotti che irrancidiscono precocemente e prodotti con elevate quantità di acidi grassi con doppi legami trans: vent'anni fa in Italia non era difficile trovare margarine col 25% di acidi grassi trans, per ottenere il punto di fusione voluto, oppure creme per la farcitura di prodotti da forno con valori di perossidi ora ritenuti francamente inconcepibili.
Le alternative sono i grassi idrogenati o eventualmente il burro o lo strutto, ma questi ultimi due grassi, per motivi di costo, di proprietà nutrizionali e/o di convinzioni etiche (e religiose nel caso dello strutto), sono già stati da tempo ridotti nell'utilizzo, in molti settori dell'industria alimentare.
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