Le armi in Europa...L'
Unione Europea deve, per legge, redigere periodicamente un
rapporto sull'export di armi. L'ultimo è stato pubblicato a fine 2011 sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE con il titolo: "XIII Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari".
Ai più critici (per esempio, Unimondo.org) non è sfuggito il fatto che il rapporto è stato pubblicato nell'ultimo giorno lavorativo dell'anno senza alcuna notifica né sul sito del Consiglio dell'Unione Europea, né da parte del Parlamento europeo. "L'impressione è che la si voglia considerare un atto burocratico da ottemperare, ma sul cui contenuto appare evidente l'intenzione dei governi nazionali di non voler aprire alcun dibattito", si legge su Unimondo.
Le autorizzazioni (
licences) all'esportazione di materiali militari che comprendono anche quelle relative ai "programmi intergovernativi hanno visto nel 2010 un decremento del 21% rispetto al 2009, quando avevano raggiunto la cifra record di oltre 40,3 miliardi di euro.
Il maggior calo riguarda gli ordinativi dei Paesi UE e dovrebbe essere dipeso dalla crisi economica che ha portato molti Stati a ridurre i budget militari. Nella lista dei destinatari non mancano Paesi protagonisti di turbolenze e moti popolari quali Egitto, Libia e Tunisia.
Quanto ai principali fornitori di armi la
Francia, con 11,2 miliardi di euro, si conferma il maggior esportatore di armi che hanno varcato i confini d'oltralpe. Seguono Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Austria, Svezia, Belgio e Paesi Bassi. Bruxelles avverte comunque che alcuni membri, quali ad esempio Belgio, Irlanda, Germania, Polonia e Regno Unito non hanno fornito tutti i dati necessari a rendere queste statistiche ineccepibili, e dunque molti computi sono solo supposti. Ovviamente ciò solleva periodicamente un vespaio di polemiche soprattutto quando, a tacere su questo argomento, sono grandi esportatori quali Germania e Regno Unito.
... e in ItaliaIn Italia le esportazioni di armi e l'informazione al Parlamento sulle stesse vengono regolamentate dalla
legge 185 del 1990.
Questa legge, come ricorda Wikipedia, fu promulgata sull'onda dell'indignazione per il boom di export di materiale bellico italiano a Paesi sotto dittatura o che violavano palesemente i diritti umani (allora scoppiò il caso delle bombe chimiche sganciate da Saddam Hussein su un villaggio del Kurdistan iracheno). All'epoca l'Italia non era sottoposta a particolari restrizioni e, come fanno notare i più critici, sovente molti Paesi approfittavano di questa "libertà" della Penisola per rifornire altri Stati senza comparire in scomodi rapporti.
Secondo la norma, è necessaria una licenza per ogni spedizione di armi indicante quantità e specie di ogni materiale. Tuttavia vi sono materiali destinati ad uso militare che non sono sottoposti alle legge 185. Possono infatti essere movimentati con una
Convention des Marchandises par Route, che non richiede nessun tipo di licenza o controllo doganale particolare.
La legge vieta comunque la vendita di armi a Paesi in stato di guerra, sotto dittatura o in presenza di casi di violazione dei diritti umani. L'ultima "
Relazione annuale della Presidenza del Consiglio sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo delle esportazioni, importazioni e transito dei materiali di armamento" è stata trasmessa dal Premier Enrico Letta al Parlamento lo scorso mese di giugno. Nella Relazione vengono riportate oltre 2,7 miliardi di euro di autorizzazioni all'esportazione di armamenti rilasciate dall'allora esecutivo Monti e 2,9 miliardi di consegne di soli materiali militari. Il maggiore acquirente è stato
Israele, soprattutto per l'ordinativo alla
Alenia Aermacchi di 30 velivoli addestratori
M-346 e altro materiale per un valore complessivo di quasi 473 milioni di euro. Tra i principali destinatari di sistemi militari figurano inoltre Stati Uniti, Algeria, Arabia Saudita e Turkmenistan.
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