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2 / Geopolitica e Macroeconomia - Shale gas e nuovi giacimenti nel Mediterraneo orientale

Per l'Europa la bolletta si abbassa.

L'effetto combinato di un aumento dei tassi da parte della Fed e del prezzo internazionale del petrolio, registrato nel 2008 prima del crollo di Wall Street, avrebbero potuto essere quello di far affluire risorse nette dal resto del mondo al sistema finanziario americano, che stentava a piazzare all'estero le ultime obbligazioni dei mutui subprime che aveva originato, e contemporaneamente quello di smorzare la bolla del credito interno prima che esplodesse. Ma era già troppo tardi: l'effetto depressivo sui consumi e sui redditi delle famiglie americane è stato più veloce di quello atteso. I valori di mercato crollarono, insieme alle banche che non si erano disfatte per tempo dei titoli immobiliari.

Va aggiunto, infine, che gli Usa non hanno mai cessato di presidiare lo scacchiere petrolifero mediorientale, così come hanno visto con sfavore un rafforzamento economico e politico della Russia e soprattutto una forte dipendenza energetica della Europa nei confronti di quest'ultima. Ne sono prove, da una parte la prima guerra a Saddam Hussein per liberare il Kuwait, e dall'altra la forte irritazione politica più volte ribadita anche nei confronti dell'Italia quando il Governo Berlusconi caldeggiava la realizzazione del South Stream, che avrebbe dovuto far affluire gas direttamente dalla Russia.

Oggi, però, ci sono delle profonde novità, sul piano della competizione internazionale, delle relazioni finanziarie con i Paesi arabi e nello scacchiere europeo.

In primo luogo, gli Usa sembrano aver abbandonato il paradigma che ha privilegiato, già a partire dai primi anni '80, un modello di crescita economica prevalentemente legato alla New economy ed ai servizi finanziari, penalizzando la manifattura. Non potendo competere sul costo del lavoro rispetto ai Paesi di nuova industrializzazione, principalmente Cina ed India, la scelta di abbandonare le produzioni della Old economy sembrava essere irrimediabile. Di recente, però, la produzione in America di gas dai depositi di scisto che spesso utilizzano pozzi petroliferi esauriti, e quindi con costi di coltivazione marginali (shale gas) ha assunto dimensioni da record, determinando una nuova forma di concorrenza: il prezzo del gas negli Usa è pari ad un terzo rispetto a quello praticato in Europa e quello dell'energia elettrica è pari alla metà. Ciò comporta una inattesa prospettiva di riallocazione negli Usa delle produzioni energy intensive. Gli Usa, inoltre, hanno conseguentemente iniziato ad esportare carbone in Europa, a prezzi estremamente convenienti. Se, per un verso, gli Usa hanno raggiunto l'indipendenza energetica e beneficiano di prezzi interni competitivi, per altro verso non hanno più molto interesse ad un aumento generalizzato del prezzo del petrolio, visto che ciò rafforzerebbe economicamente la Russia e fornirebbe ulteriori risorse ai Fondi sovrani dei Paesi del Golfo, che si sono progressivamente resi autonomi dal sistema finanziario americano. Le politiche di allentamento quantitativo condotte dalla Fed consentono infatti di finanziare agevolmente il fabbisogno del deficit federale senza dover dipendere dagli impieghi dall'estero.

In secondo luogo, c'è la possibilità che anche la Cina sviluppi sul suo territorio le potenzialità del gas scisto: in questo caso, si alleggerirebbe di molto la pressione che esercita da tempo in tutto lo scacchiere mediorientale e la dipendenza dalle fonti energetiche russe.

In terzo luogo, la recente scoperta di grandi giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale, nell'area compresa a sud di Cipro, tra Egitto, Libano ed Israele, potrebbe rimettere in discussione una serie di equilibri energetici, fin qui favorevoli ai Paesi del Golfo ed alla Russia. Si apre un quadro concorrenziale inatteso, che potrebbe rimettere in discussione anche taluni progetti faraonici di approvvigionamento energetico. Anche la strategia energetica italiana che si fonda sulla costruzione dei rigassificatori potrebbe risultare superflua, visto che non servirebbe più arrivare fino al Qatar.

L'Europa è al rimorchio di queste trasformazioni geostrategiche in campo energetico e finanziario. Ma non è detto che ne debba risultare penalizzata: una più ampia offerta globale di prodotti energetici non potrà di certo danneggiarla. La sua bolletta energetica è destinata finalmente a calare.

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