Più in particolare:
- nell'ambito di una crisi così profonda e generalizzata sia il modello a "ragnatela", sia il modello a "distretti industriali", validi in passato, non sono più in grado di compensare disfunzioni e carenze alla base di una progressiva erosione di competitività;
- Una carenza strutturale della domanda interna ed estera quale l'attuale, può essere compensata solamente grazie: a) alla vendita di prodotti ad alto valore aggiunto e tecnologicamente avanzati derivanti da anni di investimenti in sviluppo e ricerca; b) all'export verso nuovi mercati di sbocco con particolare riferimento agli "emergenti". Il problema è che ambedue le soluzioni prospettate, data la loro complessità, non si improvvisano, ma devono esser costruite nei periodi di "vacche grasse" in maniera da poter sostenere il fatturato aziendale nei momenti difficili (durante la crisi gli investimenti tendono, ovviamente, a contrarsi). Da questo punto di vista l'attuale crisi ha trovato le nostre aziende completamente impreparate a fronteggiare la situazione mentre, ad esempio, l'export tedesco è passato dal 34% del PIL nel 2000 al 54% del 2010.
- Oltre che per motivi connessi al calo della domanda, le nostre PMI soffrono un peso fiscale decisamente maggiore delle concorrenti europee.
- le PMI italiane sono strutturalmente e storicamente sottocapitalizzate e quindi molto dipendenti dal supporto del sistema bancario (in Italia le aziende dipendono per il 70% dalle banche, all'estero per il 50%). Nel momento in cui il nostro sistema bancario è andato sotto pressione a causa della necessità di ricapitalizzarsi secondo i parametri di Basilea, nonché della necessità di fronteggiare il deterioramento della qualità del credito (le sofferenze delle prime 10 banche hanno superato nel 2011 i 105 mld di Euro), gioco forza il sostegno finanziario alle aziende è diventato meno fluido e più caro;
- il problema del credit crunch tende, tra l'altro, ad aggravarsi per le PMI in quanto il sostegno fino ad oggi fornito dalle banche piccole e minori, meno soggette ai vincoli patrimoniali legati alla qualità del credito, inizia a venir meno sull'onda lunga di una crisi persistente: il credito deteriorato delle banche piccole è passato dal 2% degli impieghi del 2006, all'attuale 8%. Tende così a venir meno la funzione di ammortizzatore aziendale fin qui svolto dalle banche di minori dimensioni nei confronti delle PMI spesso in "debito di ossigeno".
- Le PMI che lavorano con la Pubblica Amministrazione hanno visto la crisi di fatturato tramutarsi in una ben più pericolosa crisi di cassa a causa dei lentissimi pagamenti effettuati dalla P.A. stessa. E' evidente che se la P.A tedesca paga le aziende fornitrici a 60 giorni, la P.A francese a 90 giorni e la P.A italiana a 150/180 giorni (con punte di 5 anni per alcune Asl napoletane e calabresi), oltre a crearsi un serio problema di concorrenza tra aziende europee, si creano, data la drammaticità della situazione, tutti i presupposti per una serie di default a catena.
L'unica nota positiva è che la Commissione affari finanziari dell'Europarlamento ha previsto la creazione di un "
PMI Supporting Factor", ossia di un correttivo che andrebbe a mitigare l'assorbimento di capitale richiesto alle banche a fronte di finanziamenti concessi, appunto, alle Piccole - Medie Imprese.
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