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Chi paga i ritardi biblici della PA

Un caso: le ASL
In base ad una stima della CGIA di Mestre, una buona parte dei debiti non pagati dalla PA sono in capo alle ASL ed alle strutture sanitarie ed ospedaliere, per un importo che si aggirerebbe sui 40 miliardi di euro, il 70% dei quali è in capo alle strutture ospedaliere del Centro-Sud. Una cifra imponente che si è accumulata negli anni a seguito dei ritardi con i quali la sanità salda i propri fornitori.

Al Sud la situazione più drammatica si rinviene nel campo delle forniture dei dispositivi medici. i tempi medi di pagamento in Calabria lo scorso autunno hanno raggiunto i 925 giorni, in Molise 829, in Campania 771 e nel Lazio 387. Poi, ci sono i classici casi limite, come il caso della ASL 1 di Napoli che si è aggiudicata un triste primato, quello avere la fattura più lunga in Italia nel 2011, con ben 1676 giorni di ritardo nei pagamenti, vale a dire quattro anni e mezzo. Purtroppo, non è un caso isolato, perché vi sono molti altri esempi di fatture a lunghe e lunghissime scadenze nel Mezzogiorno, con tempi in media attorno ai 4 anni. Le oasi più felici, invece, sono le sanità della Lombardia (112 giorni), del Friuli Venezia Giulia (94 giorni) e del Trentino Alto Adige (92 giorni).

A livello medio nazionale il dato ha raggiunto i 299 giorni, ma è comunque un dato sconfortante, perché si parla di quasi 1 anno. La situazione è pesante per gli attori privati coinvolti, che molto spesso si trovano anche impossibilitati ad usare lo strumento più naturale, che è quello di sospendere la fornitura. Perché? I beni e servizi resi dalle imprese alle ASL si qualificano perlopiù come servizi pubblici essenziali e per legge bisogna garantirne l'erogazione. A questo punto si innesca il classico circolo vizioso: la ASL non paga, l'impresa continua a sostenere costi (specie per i lavoratori), le banche non concedono più credito, l'impresa annaspa a poi fallisce, spesso causando anche gravi disservizi.

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