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Per i biofuels scatta il conto alla rovescia

Le tre generazioni di biocarburanti
Parlare semplicemente di biocarburanti è piuttosto riduttivo, poiché siamo giunti almeno alla terza generazione di biofuel.

La prima generazione riguarda i biocarburanti prodotti dalla trasformazione di biomasse (grano, mais, canna da zucchero ecc.) in etanolo ovvero in un propellente adatto ad essere impiegato per l'alimentazione delle auto. Purtroppo, i limiti di questo genere di biocarburanti si sono subito resi evidenti, primo fra tutti il problema etico-alimentare e quello della scarsità di terreni coltivabili. Alcune ricerche sui biocarburanti hanno subito messo in luce che molti Paesi non sarebbero mai autosufficienti con l'alimentazione esclusiva a bioetanolo, perché manca la superficie necessaria ad alimentare il parco auto nazionale.

Così gli Stati Uniti, che rappresentano il Paese con una richiesta energetica pro-capite fra le più alte al mondo, non riuscirebbero a soddisfare il fabbisogno interno neanche mettendo a regime l'intero Midwest ed i Great Plains, senza contare che nulla resterebbe per l'alimentazione umana ed animale...

L'Italia è nella stessa situazione, perché anche coltivando tutta la superficie nazionale, pari a circa 13 milioni di ettari, riuscirebbe a soddisfare la domanda complessiva per appena un terzo. Nel Bel Paese si contano circa 34 milioni di veicoli, che consumano in media circa mille litri di carburante l'anno. Secondo una stima di Coldiretti, il biodiesel italiano rende circa 850 kg per ettaro. Facendo i soliti due conti del salumiere, la produzione nazionale riuscirebbe a coprire solo un terzo del fabbisogno, mentre ci vorrebbe una estensione di almeno 40 milioni di ettari per diventare autosufficienti, sempre lasciando da parte i bisogni necessari per l'alimentazione!

La seconda generazione di biocarburanti appare ben più promettente, poiché consente di superare queste problematiche, soprattutto quelle riguardanti la sottrazione del suolo ad uso alimentare e l'estensione delle coltivazioni. Si tratta di biocarburanti ottenuti dalla lavorazione di materiale lignocellulosico (canna, miscanto ecc.), mediante la tecnica della pirolisi, che consente di trasformare la biomassa prodotta direttamente sul sito in un olio che viene poi trasformato in carburante vero e proprio. Uno dei grandi vantaggi di questo processo è che viene svolto direttamente in loco, o processo corto, consentendo risparmi non indifferenti sul trasporto.

E' su questa categoria di biocarburanti che attualmente si stanno concentrando gli investimenti, soprattutto per la trasformazione dell'Arundo Donax, meglio nota come canna da fosso.

La terza generazione di biocarburanti o solar fuels è ancora in fase sperimentale e riguarda la produzione di biocarburanti via microalghe o ciano batteri, oltre ad una serie di altre tecniche in fase di studio e valutazione. Ma in questo campo siamo ancora in alto mare.



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