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Il problema dei fondi europei, lasciati e persi

Tanti fondi a disposizione, ma scarsa capacità di usufruirne.

Ma come mai risultiamo così incapaci di sfruttare quelle che potrebbero essere grosse opportunità di sviluppo e di crescita?

Un vincolo nasce dall'Unione Europea stessa, in particolare dal Patto di Stabilità, quel patto necessario ma più volte criticato per la sua eccessiva rigidità che limita di fatto la capacità di spesa degli Stati membri. E come questo si rifletta sullo scarso sfruttamento dei fondi comunitari è presto detto.

Occorre infatti specificare che per ogni progetto finanziato è prevista una quota di cofinanziamento regionale o nazionale obbligatoria (compresa nei dati precedenti) pari a circa il 50% del finanziamento totale. Questa, a differenza delle spese di origine comunitaria, non può essere esclusa dal calcolo del Patto di Stabilità. Quindi se devo spendere 100, 50 li metto io e 50 li mette la Comunità Europea, ma di quei 50 spesi devo renderne conto. Onde evitare sanzioni derivanti dallo sforamento dei requisiti del Patto, lo Stato e le Regioni hanno preferito nel tempo non rischiare e limitare i finanziamenti.

Una spinta in tal senso l'ha data il decreto Salva Italia (DL 201/11), consentendo alle Regioni di escludere un miliardo di euro l'anno dal Patto di Stabilità, rispettivamente per gli anni 2012-13-14.

Sui vincoli di spesa sopra esposti si potrebbe però obiettare. Esiste infatti la possibilità per le Regioni con un PIL procapite inferiore al 75% della media europea, le cosiddette Regioni "Obiettivo Convergenza", ex "Obiettivo 1", di richiedere un abbassamento della quota di partecipazione fino al 25% del totale finanziato. Questo porterebbe ad una minore disponibilità di fondi (poiché diminuita della quota di spesa regionale decurtata) ma ad una maggiore attuabilità dei piani. Questa linea era già stata intrapresa da Grecia, Portogallo e Spagna. Solo recentemente l'Italia ha richiesto e ottenuto tale abbassamento con il Piano di Azione Coesione.

Un vincolo ulteriore è dato dalla qualità degli investimenti e dall'efficacia dei progetti proposti. In tal senso risulta utile citare una recente indagine della Corte dei Conti sui fondi europei, relativi al periodo 2000-2006, destinati alla Regione Sicilia nella quale si parla di "eccessiva frammentazione degli interventi programmati e notevolissima presenza di progetti non conclusi, pari al 35% della spesa certificata" che "hanno sfavorevolmente inciso sullo sviluppo locale e non hanno prodotto l'auspicato miglioramento delle condizioni di vita della popolazione".

L'indagine prosegue con un altro importante elemento ossia la "carenza dei controlli e una generale scarsa affidabilità degli stessi" caratterizzata da "tassi di errore molto elevati" e da "irregolarità sistemiche relative agli appalti". Tra le varie irregolarità riscontrate vi è un appalto sfuggito ai controlli affidato ad un individuo con "procedimenti giudiziari a carico". Tutto questo ha portato la Commissione Europea a decretare un blocco, a partire da luglio 2012, dei finanziamenti europei destinati alla Sicilia, congelando fino a nuovo ordine 600 milioni di euro già impegnati in cantieri ed altri progetti.

Ma anche la Calabria non sfugge all'insieme di irregolarità che avvolge gli appalti cofinanziati. Un esempio lampante è l'autostrada A3, quel "buco nero" che nonostante i 10 miliardi di fondi europei ricevuti negli ultimi dieci anni risulta tuttora in costruzione.
Episodi sconcertanti che non fanno altro che affossare la nostra posizione già debole all'interno dell'Unione.

Il rischio maggiore è che nella ripartizione delle quote di finanziamenti 2014-2020 all'Italia spetti una fetta nettamente inferiore.
Il Governo, insieme alle Regioni, dovrebbe quindi mandare un segnale forte e dimostrare di essere in grado di operare uno sfruttamento più efficiente delle risorse che ci spettano. D'altronde i fondi comunitari sono fondi che noi paghiamo, fondi che provengono dalle nostre stesse tasche, e consentire in un momento di bisogno che ci vengano sottratti, proprio non ce lo possiamo permettere.

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