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Il debito pubblico ed il patto di stabilità e crescita. Qualche suggerimento al Ministro dell'Economia

Ripensare il patto, il ruolo della pubblica amministrazione per consentire un controllo della spesa che riduca gli interessi opportunistici a favore dei più deboli

3) Cosa fare, le responsabilità eluse

Per prima cosa va ripensato il patto di stabilità cominciando e rivedere e semplificare tutte le norme di contabilità che hanno un costo superiore al beneficio. Poi bisogna ridurre veramente la spesa corrente riducendo contestualmente i costi e non ricorrendo sempre ad operazioni straordinarie come è successo negli scorsi anni a diversi comuni o aumentando le tasse se le spese non sono veramente sotto controllo. Il primo stadio è quello di approvare la finanziaria abbattendo le richieste inutili o strumentali fatte ad uso personale di spesa in modo drastico con la logica dell'efficienza.

Approvata la finanziaria vengono definiti gli impegni per ogni singolo ministero ed è in questa fase il pericolo maggiore che deriva dalla frammentazione della spesa in tante singole spese che sono funzionali alle più vaste richieste per raccogliere il consenso. Molti di questi impegni non superano i 50.000,00 euro, ma sono poi centinaia; il buon senso vorrebbe che ci si assumesse la responsabilità verso i cittadini per la riduzione di un debito che colpisce tutti; allora sarebbe necessario ridurre al massimo gli impegni di spesa magari cancellando tutti quelli al di sotto di una data cifra, ad esempio 50.000,00 euro? O di più se il limite non taglia a sufficienza. La spesa del controllo per migliaia di voci spesso inutili diventa gravoso in termini di giornate uomo e fa perdere il tempo che richiede il controllo puntuale di più alte voci di spesa, parliamo di efficienza ed efficacia nell'azione del controllo oggi troppo spesso superficiale e strumentale per mantenere le posizioni di consenso. A questo proposito andrebbe fatto un censimento degli enti inutili coinvolgendo sia le regioni che i comuni in modo che la responsabilità sia condivisa; allo stesso modo abbiamo imposte che generano incassi inferiori alle loro spese di funzionamento che rappresentano un interesse di chi governa tali imposte, non è difficile fare il censimento di tali voci, il problema è cancellare le piccole aree di potere.

Una voce su cui incidere è il sistema di burocratizzazione che ha invaso ogni ambito del ciclo entrate-uscite creando un sistema raziocinante sulla carta ma non nella realtà, troppo spesso le norme vengono fatte da una burocrazia che non ha mai lavorato nelle istituzioni per le quali legifera. Certamente tra i settori più colpiti è stato il processo di aziendalizzazione della PA ed in particolare della sanità dove l'idea di introdurre misure di valutazione dei risultati ha portato ad una forma di manager-burocratizzato che confonde l'efficenza con la burocrazia e di fronte al disastro evidente ognuno scarica le proprie responsabilità sugli altri, tutti colpevoli ma nessuno colpevole. Questa è la legge non scritta che vale per ogni istituzione pubblica, o quasi tutte; le riforme sono state fatte in un contesto socioculturale ostile al cambiamento e molto spesso hanno dato risultati opposti a quelli desiderati, ma poi si va avanti comunque.

Il dramma della mancata revisione dei sistemi di controllo ha eluso le aree di responsabilità rendendo difficile risalire a chi ha colpa nei dissesti creati dalla mancanza di competenza, da una corruzione che gioca negli spazi aperti da norme marziane i cui stessi estensori molto spesso non sarebbero nemmeno loro in grado di spiegare, come purtroppo mi è capitato spesso di vedere e le responsabilità sono spesso eluse.

Il tema della responsabilità è strettamente collegato a quello del potere, qui entriamo nel dramma di un'etica del potere cancellata dagli interessi dominanti e da un modello socioculturale che ha innalzato il determinismo e la razionalità come valori assoluti. In questo contesto asettico l'uomo è diventato un esecutore di norme e decreti che sono diventati un fine mentre l'uomo perde sempre più i caratteri della sua essenzialità diventando un "uomo non umano". Al posto delle antiche radici famigliari subentrano gli apparati burocratici e produttivi che non creano una morale, così diminuisce il significato delle norme etiche sostituite dalla valutazione dell'efficacia e del risultato a scapito delle norme che difendono l'uomo; l'uomo diventa in balia del potere. L'uomo moderno in questo modo non si slega solo dalle radici ma anche dai legami religiosi come vediamo nella decadenza dell'Europa "cristiana". L'uomo diventa padrone delle cose ma non è padrone del suo potere sulle cose così la prassi quotidiana diventa la violenza ed il mondo diventa rischioso da viverci.

Così l'evoluzione di un potere senza limiti ha cancellato il senso etico della responsabilità; essere in possesso di un potere che non è definito da una responsabilità morale e non controllato da un profondo rispetto per la persona significa distruzione dell'umano in senso assoluto. Su questa strada aumenta la perversione di un potere senza responsabilità, non ci sono azioni che si esauriscono con il loro oggetto ma prendono anche chi le compie; l'azione penetra nel soggetto che la compie, l'uomo diviene costantemente quello che fa.

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