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Le ipotesi infondate del piano Draghi

Il piano presentato da Draghi all'Unione Europea come progetto per un suo sviluppo funzionale a rilanciare la produttività dell'euro zona e metterla in condizioni di confrontarsi con un mondo in cui le innovazioni tecnologiche stanno cambiando le regole del mercato, propone alcune ipotesi di fondo imprescindibili nel rispetto anche di una società più unita e solida. Il lavoro esteso ed approfondito si basa su ipotesi di lavoro che non corrispondono alla realtà e lo rendono di fatto inutile e pericoloso.

La posizione ambigua ed opportunistica dei commentatori, troppo spesso asserviti, al ruolo del potere di turno si cimentano nelle lodi nelle pur evidenti critiche e perdono volutamente una capacità di analisi e del contradditorio.

Il lavoro di Draghi sembra scritto lontano dal mondo reale per le ipotesi non fondate in cui si articola il tutto; proviamo a chiarire il senso di queste critiche.

La prima ipotesi è quella di un'Europa unita ed in grado di indebitarsi anche per un debito comune, dando per scontato che questo sia possibile in una fase di scontro continuo e dell'asimmetria tra la governance dell'Unione presieduta dalla Ursula von Der Leyen e la realtà del posizionamento più a destra dell'unione dopo le recenti dinamiche elettive in Francia, in Germania, in Ungheria ed in Austria. L'elezione della presidente Ursula è stata possibile grazie al ruolo di Macron per la Francia e di Scholz per la Germania, ma poi le elezioni come detto hanno configurato una maggiore debolezza della sua governance specie con l'arrivo di Orban alla presidenza il cui discorso ha dato evidenza alle contraddizioni di un'unione a pezzi in cui il gruppo dei patrioti è il terzo. L'Austria, poi, ha recentemente espresso la volontà come l'Ungheria di entrare a fare parte dei Brics; i paesi del nord-Europa sono in perenne conflitto con quelli del sud per la loro posizione debitoria.

In effetti la Francia, la Germania e l'Italia hanno a che fare con un elevato debito pubblico che minaccia le rispettive economie e pensare di andare a raschiare il barile di un fondo che comune, date le storie passate e le posizioni recenti, non sarà mai.
L'unità europea sembra allontanarsi sempre di più e non è certamente nella condizione di fare programmi comuni sia per lo sviluppo che per la difesa su cui torneremo. Infine il dramma della UE è questa sua sudditanza suicida alla politica degli Stati Uniti che ci hanno condotto in una guerra a lungo provocata con la Russia le cui sanzioni, sanzionano soprattutto noi; una guerra che dovrebbe chiudersi il prima possibile perché la sua continuazione è distruttiva. Gli Stati Uniti vivono la crisi più profonda della loro storia e vanno declinando, ma fanno ancora fatica ad accettare il cambiamento; una politica estera fatta di guerre è stata possibile in un mondo unipolare, ma oggi con i Brics il mondo è multipolare ed insistere su posizioni non coerenti con un mondo che cambia diventa un suicidio. Come scriveva Toynbee le società non muoiono per morte violenta ma per l'incapacità delle elites di capire i cambiamenti ed essere creativi, così lentamente muoiono per suicidio.
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