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Le guerre dei danni collaterali


Alla fine del decennio scoppia in Europa la guerra del Kosovo e lo scontro in Iugoslavia verso le minoranze in una forma di pulizia etnica dei serbi che sembra inarrestabile, la Nato bombarda senza limiti le aree che sono allo scontro cercando di non sacrificare militari ma disoccupandosi del crescente numero di civili uccisi, lo scontro etnico lascia sul campo 250.000 civili morti di cui 16.000 bambini e tutto sembra passare sotto silenzio, pensare che al vertice di Rambouillet nel 1999 si erano proposte soluzioni alternative alla guerra, ma la forza ha prevalso sulla diplomazia, ormai si avvicinava il senso dei danni collaterali insensibili a tutti.

Proprio Madeleine Albright, futuro segretario di Stato Usa, nel 1996 alla domanda se la morte di mezzo milione di civili tra cui molti bambini in seguito alle sanzioni per la guerra del Golfo fosse un prezzo troppo alto da pagare rispose che erano "danni collaterali" che non si pensa sia troppo alto, è una scelta morale, la morale diventa uno strumento di oppressione.

E' questo un passaggio cruciale nei valori di umanità ed attenzione alle minoranze, con queste aggressive parole si apre la danza macabra delle vittime civili da considerarsi danni collaterali che nel nuovo secolo diventeranno un'enormità numerica ed un dispregio delle persone che a milioni vengono sacrificate per la realizzazione di un obiettivo di conquista territoriale e di interessi economici.

Il nuovo secolo apre la strada dell'indifferenza verso drammi umani di milioni di persone che sono danni collaterali e dunque sacrificabili per la realizzazione di interessi di potere. Dopo le torri Gemelli nell'invasione dell'Afghanistan a fronte di 1.144 militari deceduti ci sono 176.000 persone uccise di cui 48.000 civili come danno collaterale e la relativa filosofia diventa la prassi. Si scardinano paesi, territori con armi sempre più precise e devastanti con bombe all'uranio arricchito che generano malattie devastanti ma fanno crescere il potere delle industrie belliche che per loro i danni collaterali sono fonte di crescita di ricchezza.
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