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G7: immobilismo autoreferenziale in un mondo che cambia rapidamente


Il G7 così composto ha mostrato già una debolezza in alcuni dei suoi importanti partecipanti ed una pericolosa deriva nella capacità di proporre azioni creative di fronte ad un mondo che cambia con un immobilismo autoreferenziale che lo espone a gravi rischi. Il tema di fondo rimane la guerra in Ucraina i cui presupposti vennero creati da Obama alla fine del 2013 quando inviò la neoconservatrice bellicista, Victoria Nuland, una nuova Minerva per destabilizzare l'Ucraina e provare ad indebolire la Russia. Già allora Kissinger ammonì sulla necessita di rendere il Donbass più neutrale essendo russofono ma non è stato ascoltato ed oggi siamo sempre qui ad alzare la posta militare e quella delle sanzioni anziché puntare all'unica soluzione reale, quella politica. Così diventa un gioco al poker in cui il rischio si vada a vedere, come si suole dire, la mano della controparte quando è evidente che la Russia non conquisterà l'Ucraina la quale non è in grado di riprendersi i territori occupati dai russi.

Così in preda ad un immobilismo autoreferenziale sia Biden che Macron hanno pensato bene di andare ad occuparsi di temi che non riguardano il G7 ma i singoli paesi che vi appartengono e l'aborto è diventato impropriamente un tema di dibattito e di scontro dando evidenza ad una deriva priva di immaginazione e creatività con un'incapacità di pensare a nuovi modi di affrontare la realtà che non può essere risolta con gli stessi metodi che hanno creato i problemi.

I tre eventi indicati sono correlati fra di loro e mostrano una leadership occidentale priva di creatività nell'affrontare i problemi nuovi posti da un rapido cambiamento che se non affrontato rischia di fare collassare le società come scriveva Arnold Toynbee nel 1949. Arnold J. Toynbee, uno dei maggiori interpreti del ciclo di vita delle società, descriveva la fase finale del declino in questi termini:

«[...] Il loro crollo e la loro disintegrazione (delle società, ndr) comincia quando viene meno la creatività da parte delle élites di rispondere in modo nuovo alle sfide portate dall'esterno, lentamente la società comincia a collassare… La decadenza non dipende dalla paralisi delle facoltà mentali delle élites ma da un collasso della loro eredità sociale che interdice ogni efficace e creativa azione sociale... La decadenza è spirituale e morale e, di fronte al dramma, si inasprisce la violenza repressiva che non fa che accelerare la disgregazione; le società non scompaiono per morte violenta ma per suicidio». (In "È Tutta un'altra storia" di F. Pezzani, pag. 199/200, 2013).

Stiamo arrivando a questo punto? Sarà il caso di cominciare a pensarci in una società narcotizzata dai social e non informata dai media? Sono domande a cui è necessario dare una risposta o ci troveremo di nuovo di fronte al caos.
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