Il secondo fattore di rischio, strettamente collegato al precedente, è rappresentato dalla nostra
crescita asfittica. Infatti, i recenti dati Istat evidenziano nel secondo trimestre 2018 una crescita particolarmente modesta (+0,2% rispetto al trimestre precedente e + 1,1 su base annua). Purtroppo non si tratta solo dell'incremento più contenuto nell'ambito dell'Eurozona, ma anche dell'unico caso di rallentamento rispetto alla crescita registrata nel trimestre precedente (+0,3%). Il problema è che, a questo punto, tutti gli osservatori stanno riducendo le nostre previsioni di crescita non solo per il 2018, ma, soprattutto, per il 2019.
Più in particolare, il FMI stima un incremento del PIL italiano dell'1,2 per il 2018 e dell'1% nel 2019 a fronte di una Area Euro che dovrebbe crescere del 2,2% quest'anno e dell'1,9 % il prossimo anno. Non più confortante il giudizio espresso dalle società di rating: Moody's ha ridotto le nostra stime di crescita dall'1,5% all' 1,2% per il 2018 e dall'1,2% all'1,1% nel 2019. Analoghe le previsioni di S&P che ipotizza una crescita del nostro PIL intorno all'1,3% nel corrente anno e all'1,2% nel 2019.
Dunque, in sostanza, la nostra crescita è pari alla metà di quella dei nostri partner/competitor. Da evidenziare, a questo proposito, che i due fattori di rischio fin qui descritti generano un mix esplosivo per il nostro rapporto debito/PIL in quanto tendono a far divaricare pericolosamente le sue componenti. Infatti, il primo (possibile spinta sul debito pubblico) incide negativamente sul numeratore, mentre il secondo (crescita asfittica) danneggia contemporaneamente il denominatore.
E allora, in presenza di questi fattori di rischio, rimane
indispensabile difendere in Europa le nostre posizioni e le nostre peculiarità, tuttavia pensare di poter andare a Bruxelles e sbattere la scarpa sul tavolo come fece il potentissimo Nikita Kruscev all'Assemblea Generale dell'ONU nel 1960 non solo è ottimistico, ma anche estremamente pericoloso.
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