Purtroppo ci risiamo: ancora una volta, dopo un periodo di cauto ottimismo legato ad avvisaglie di ripresa, le spie collegate agli
indicatori economici si vanno nuovamente accendendo una dopo l'altra. Almeno per noi.
Innanzitutto, a giugno,
Confindustria ed
Istat hanno rivisto al ribasso le
previsioni sul PIL 2014 che, allontanandosi sempre di più da quel +0,8% previsto dal governo, stanno migrando inesorabilmente verso quota 0,6% come indicato, tra l'altro, da
FMI ed
OCSE. Il che vuol dire poco più di niente se consideriamo che per imprimere alla curva del nostro debito pubblico un andamento decrescente avremmo un disperato bisogno di crescere almeno del 2% annuo
Il problema è che tutte le elucubrazioni e le proiezioni del nostro governo i termini di
rientro dal deficit e di
riduzione del debito sono basate, appunto, su un PIL in crescita dello 0,8% , per cui il trend in essere potrebbe rendere necessaria, purtroppo, una rivisitazione dei conti ed una manovra di aggiustamento. E se c'è una cosa di cui davvero faremmo volentieri a meno in questo momento è proprio una manovra restrittiva che rallenterebbe ulteriormente questa parvenza di crescita ormai da tutti definita come “lenta e fragile”.
Da non trascurare, tra l'altro, che il nostro dato asfittico si colloca in uno scenario mondiale decisamente non esaltante, visto che anche il PIL degli USA ha evidenziato una brusca ed inaspettata frenata nel primo trimestre dell'anno (-2,9%), peggior dato dal 2009. Altrettanto preoccupante
l'ultimo dato sull'inflazione di giugno che si è posizionato, su base annua, a + 0,3% (peggior dato dal 2009).
Forse non si tratta ancora di uno scenario deflazionistico (benché gli alimentari e circa il 30% dei beni compresi nel paniere siano già in deflazione), tuttavia il dato evidenzia in tutta chiarezza la situazione di persistente stagnazione della nostra economia. In questo scenario, affatto confortante per il nostro Paese, si inserisce il noto
duello “Renzi-Merkel”, la
pressante richiesta di maggior flessibilità per stimolare la crescita, la volontà di creare una alternativa al modello teutonico.
Non ho ancora ben capito se quella di Renzi a Bruxelles
“sia stata vera gloria”, tuttavia sono certo di un paio di cose.
La prima è che, a causa dell'apertura del fronte inglese, dell'oscuramento francese e del peso politico acquisito in Patria da Renzi si siano attualmente liberati ampi spazi nei quali far crescere il peso dell'Italia in Europa.
La seconda è che, anche in considerazione del crescente malessere antieuropeista e del perdurare della crisi, o si riesce ad incidere adesso sui meccanismi europei rendendoli davvero più sensibili all'attuale scenario di emergenza globale o la “guarigione” dell'Euro sarà lenta, difficile e piena di complicazioni.
Non so se la Presidenza italiana riuscirà ad accelerare questa guarigione, tuttavia, sicuramente, ha il preciso dovere di tentare tutto il tentabile, sempre nella speranza che il malato non muoia prima!
Vedi anche:
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