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108 / Rischio Brexit + Grexit: un rischio davvero troppo alto

Il concreto rischio era connesso alla possibilità che l’intransigenza dei tedeschi da una parte e del Fondo Monetario dall’altra, facessero riesplodere la fiammata greca

Sono probabilmente due gli accadimenti manifestatisi nella seconda metà di Maggio che meritano qualche considerazione in più. Il primo riguarda la flessibilità sui conti che il Governo Renzi ha ottenuto (e non era affatto scontato) in sede europea. Si tratta, in sostanza, della possibilità per il nostro Paese di applicare al bilancio 2016 clausole di flessibilità per un importo pari allo 0,85% del PIL a fronte delle riforme economiche intraprese e degli investimenti infrastrutturali effettuati. E l'importanza di questa elasticità, che dovrebbe liberare circa 13 mld da destinare al rafforzamento della nostra fragilissima ripresa, si comprende appieno guardando ai dati macro appena “sfornati”.

Più in particolare il FMI, pur confermando una crescita del PIL italiano dell'1,1% nel 2016, sottolinea come questa crescita si presenti nel medio termine decisamente modesta e, soprattutto, esposta a shock esogeni (Brexit, rallentamento delle economie emergenti e della Cina etc). Da parte sua l'OCSE, nel suo Economic Outlook, non solo limita le previsioni di crescita dell'Italia per il 2016 all'1%, ma parla di crescita fiacca ed assolutamente insufficiente a garantire una vera ripresa. Senza contare che, sempre secondo l'OCSE, basterebbe l'evento Brexit a cancellare immediatamente quell'1% di crescita stimata.

Ma forse anche più preoccupanti appaiono i recenti dati ISTAT che hanno evidenziato una brutta e piuttosto inaspettata frenata della nostra industria. Più in particolare, il fatturato manifatturiero è sceso a Marzo del 3,6% su base annua (peggior dato dal 2013) in abbinamento ad una forte contrazione degli ordinativi. Con l'aggravante che il forte rallentamento di fatturato ed ordinativi risulta essenzialmente determinato da una contrazione dei consumi domestici che ritenevamo fossero, invece, finalmente ripartiti. E, forse, a monte di questa frenata, c'è proprio la progressiva perdita di produttività delle nostre aziende manifatturiere rispetto ai competitor europei. Infatti, come evidenziato di recente il presidente di Confindustria, nel periodo 2000-2015, le nostre imprese hanno evidenziato un aumento della produttività del 17%, mentre le aziende spagnole e tedesche hanno incrementato la loro produttività del 33%, quelle inglesi del 43% e le aziende francesi del 50%.

Il secondo accadimento riguarda invece la recente evoluzione della crisi greca. Qui il concreto rischio era connesso alla possibilità che l'intransigenza dei tedeschi da una parte e del Fondo Monetario dall'altra, facessero riesplodere la fiammata greca. Giova ricordare che, non più di un anno fa, il rischio Grexit fu scongiurato solo da Mario Draghi che rifiutò di sospendere alla Grecia l'erogazione dei fondi ELA - fondi europei di emergenza destinati a fronteggiare temporanee crisi di liquidità delle banche - nonostante le fortissime pressioni dei paesi teutonici integralisti. In sostanza la politica, nell'incapacità di trovare un accordo, cercò allora subdolamente di scaricare sulla BCE di Mario Draghi la responsabilità di mettere all'angolo la Grecia. Infatti, sospendendo l'afflusso dei fondi ELA, le banche elleniche sarebbero collassate dopo circa 75 ore, trascinando Atene fuori dall'Area Euro in maniera assolutamente traumatica ed ingestibile.

Oggi, per fortuna, forse grazie allo spauracchio del Brexit, un accordo politico all'interno dell'Eurogruppo per consentire alla Grecia di far fronte alle proprie scadenze estive nei confronti di BCE e FMI è stato raggiunto. Più in particolare verrà versata ad Atene una nuova tranche di oltre 10 mld (di cui 7,5 mld a Giugno) evitando così un nuovo rischio di default con tutte le conseguenze di ordine politico e, soprattutto, sociale. Da notare che, nonostante esistano forti dubbi sulla volontà di Atene di rispettare tutti gli impegni presi, questa volta i tedeschi non hanno eretto barricate contro l'accordo come avvenne esattamente un anno fa. E questo non certo casualmente, ma perché il ministro Schaeuble ha ottenuto che il Fondo Monetario facesse un passo indietro (anche due) rispetto alle precedenti pretese. L'FMI, infatti, prima di sedersi al tavolo dei negoziati, aveva subordinato ogni sua ulteriore partecipazione al salvataggio della Grecia ad una ristrutturazione complessiva del debito ellenico che comprendesse, tra l'altro, un allungamento delle scadenze, la riduzione del tetto massimo sugli interessi, etc. Alla fine del negoziato, tutte le richieste del Fondo sono miracolosamente slittate al luglio 2018.

Guarda caso solo dopo le elezioni in Germania che si terranno nell'autunno del 2017.

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