Purtroppo quella strana "pace armata" dei mercati di fine agosto si è dimostrata anche più effimera di quanto ci si potesse aspettare. Ma ciò che preoccupa è che l'attuale situazione caratterizzata nuovamente da forti tensioni sui titoli del debito pubblico dei Paesi in crisi e da ripetuti picchi delle Borse (Francoforte, questa volta, compresa) non pare determinata da una specifica causa dirompente ma, piuttosto, dalla somma algebrica di tutta una serie di fenomeni (alcuni con segno positivo) tra loro strettamente collegati. Ovviamente, in questo contesto a "vasi comunicanti" trovare soluzioni tra loro compatibili risulta essere ogni giorno più complesso.
Tra i fenomeni con segno (+) non possiamo trascurare la sentenza della
Corte Costituzionale tedesca che ha ritenuto legittimi gli aiuti prestati ai Paesi dell'Eurozona in difficoltà. In realtà si tratta di un segno (+) parziale in quanto la stessa Corte ha ribadito che la sentenza non è un "assegno in bianco" per futuri salvataggi e che questi ultimi dovranno comunque passare per il voto della commissione bilancio in Parlamento.
Segno (+) anche per la
Spagna che, senza grandi clamori, continua a muoversi lungo un severo ed articolato piano di rientro dal deficit ed ha di recente inserito in Costituzione un tetto al deficit: il risultato è che i mercati ritengono attualmente più incerto il futuro dell'Italia rispetto a quello della Spagna.
Purtroppo i segni (-) nella nostra somma algebrica appaiono decisamente più numerosi e pesanti. Innanzitutto il problema della scarsa
crescita mondiale: quelli che parevano essere incerti segnali di un rallentamento dell'economia ormai si sono trasformati in univoci indicatori di una vera frenata, quasi di uno stallo. E questo è un problema per tutti, ma soprattutto per l'Italia (PIL previsto dal FMI nel 2011: +0,8%!) che vede così ridursi la possibilità di centrare il pareggio di bilancio nel 2013 senza ulteriori manovre aggiuntive in grado di compensare la minor crescita del Paese.
In secondo luogo, il "
caso greco" tornato di drammatica attualità in quanto è appena scaduto il termine per i privati (le banche) per aderire al piano di concambio su 135 mld di euro di bond greci indispensabile per alleggerire il peso del debito pubblico ellenico; qualora non si riuscisse ad arrivare al quorum previsto (90% delle adesioni) ed il concambio non potesse aver luogo, una qualche forma di default del Paese sarebbe sicuramente più vicina.
Infine, le clamorose
dimissioni presentate dal membro tedesco della BCE contrario alla politica di sostegno ai Paesi in crisi attuata dalla banca Europea. Dato il momento, si tratta di una decisione particolarmente grave che evidenzia tutta la volontà di alcune frange politico-economiche di alzare il livello dello scontro sulla leadership nell'Area dell'Euro.
Prendendo spunto da quest' ultimo accadimento, che ovviamente ci riguarda molto da vicino, due avvertimenti per i nostri politici (opposizione compresa) che continuano a crogiolarsi, perdendo tempo, in modifiche ad una manovra economica ormai veramente banale:
- Nessuna banca centrale è mai riuscita con i propri interventi a bloccare una crisi finanziaria in "avvitamento": basarci unicamente sull'intervento della BCE per risolvere i nostri problemi è da incoscienti;
- Purtroppo un downgrade del "rating Italia" ad opera di Moody's e S&P appare imminente per il semplice fatto che la nostra situazione, dall'inizio della procedura di revisione ad oggi, si è chiaramente deteriorata. I mercati probabilmente hanno già scontato il "taglio", tuttavia se questo venisse formalizzato con la manovra economica ancora in alto mare, le probabilità di un attacco speculativo dirompente sarebbero altissime.
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