La seconda minaccia per le nostre aziende è strettamente connessa non solo alle dimensioni abnormi del nostro debito pubblico, ma, soprattutto, alla
quantità di titoli sovrani ospitati nell'attivo delle nostre banche.
Al dicembre 2017 il sistema bancario italiano risultava essere al primo posto in Europa con ben 380 mld di titoli sovrani detenuti nei bilanci delle proprie banche. Da evidenziare, tuttavia, che questa situazione deriva dal fatto che il nostro sistema bancario è stato chiamato a
raddoppiare tra il 2011 ed il 2012 la quota di titoli di stato posseduti (da 200 mld a 400 mld circa) al fine di fugare, in quei momenti drammatici, ogni minima incertezza sulla capacità dell'Italia di onorare puntualmente le scadenze del proprio debito pubblico.
Il punto è che oggi questa massa di
BTP detenuta dalle nostre banche si sta trasformando da ancora di salvataggio in un boomerang. Infatti, la Germania ed i suoi accoliti sono tornati a puntare l'indice contro le banche “mediterranee” (in particolare italiane e spagnole) colpevoli di essere troppo vulnerabili al connubio rischio banca - rischio sovrano.
Già nel 2016 un rapporto elaborato dall'allora Presidenza di turno olandese aveva ipotizzato anche la possibilità di imporre alle banche un tetto fisso alla detenzione di titoli sovrani (si parlava del 25% del patrimonio della banca). In quell'occasione
Mediobanca Securities stimò che, applicando il tetto, le principali banche italiane avrebbero dovuto scaricare circa 150 mld di titoli di stato con possibili ripercussioni sulla solidità patrimoniale delle banche e con tensioni al rialzo sui tassi dovuti ad una massiccia offerta di titoli sul mercato.
Allora l'iniziativa fu stoppata, ma, come detto, oggi tedeschi ed accoliti sembrano esser tornati alla carica sull'argomento nell'ambito delle serrate trattative per il
varo definitivo dell'Unione Bancaria. Il vero rischio, dunque, è che il mix esplosivo composto dall'Addendum e da eventuali interventi sui titoli sovrani posseduti dalle banche possa ridurre e rendere più costosi i flussi creditizi verso le imprese, specie medio piccole, danneggiando così il nostro tessuto produttivo ancora in fase di fragile ripartenza.
"
Altri articoli de Il Punto sulla Crisi