Il lavoro artigiano è rappresentato, infatti, da una forma di lavoro immediato in cui l'occhio, la mano, la volontà di raggiungere uno scopo, il senso ed il piacere del materiale utilizzato, la fantasia ed in definitiva la capacità di dare una forma alla materia stimolano una costante propensione alla creatività.
E' così che questa attitudine finisce per caratterizzare profondamente la storia del nostro popolo perché il lavoro artigianale consente, appunto, di mantenere la creatività del pensiero e riduce la spinta all'uniformità dei comportamenti estesa anche ai modelli di vita e di consumo che caratterizza la moderna civiltà industriale. Il mondo diventa globale ma la realtà dei singoli territori sono il risultato di storie millenarie e quindi il vero obiettivo non è un modello uniforme per tutte le società ma quello di riuscire a coniugare principi e metodi di collaborazione e convivenza che dalla differenza tra stati, società e civiltà possano trovare nel tempo un percorso di progressiva unificazione cogliendo il meglio dei vari contributi.
Un ulteriore aspetto del valore morale dell'artigianato è quindi il forte legame con la natura, da cui deriva la materia oggetto di continua trasformazione, in questo senso come vedremo assume particolare rilevanza la cultura del mondo rurale. Il concetto di rapporto con la natura è nel tempo cambiato, ma in misura minore nel nostro paese. La natura veniva spesso indicata come "madre" per i valori che ispirava, rappresentava una norma obbligante per ogni conoscenza ed ogni azione che è naturale, da cui il senso di validità dell'esistenza, ma questo intimo rapporto finisce sempre più per incrinarsi nella misura in cui la "tecnica" comincia ad avere un ruolo indipendente e dominante nell'indirizzare la società, il sistema di vita e di valori del mondo moderno. Questa spinta al cambiamento contribuisce sempre più a sostituire e modificare il concetto di utilità con quello di dominio, dominio nel senso estremo che si esprime in una nuova concezione della società e del rapporto dell'uomo con la natura che non è più diretto ma viene sempre più intermediato dal calcolo e dalla tecnica e reso, in un qualche modo più asettico. Infatti, l'uomo sa oggi molto di più di quello che può vedere o sentire con i suoi sensi; diventa capace di progettare e di realizzare cose che non può più sentire, così si verifica un crescente distacco dal mondo naturale che contribuisce ad aumentare la sua freddezza di cuore e la sua difficoltà di avere rapporti relazionali veri con i suoi simili. L'uomo, così, rischia di non essere più in grado di sentire e di fare esperienza personale ma tende a trasformare il suo lavoro in organizzazione dei mezzi e nel loro controllo e di diventare impersonale, un uomo non umano (
vedi Romano Guardini, La fine dell'epoca moderna. Il potere. Morcelliana 1954).
Infine anche le radici di questo artigianato nella cultura rurale ancora presente nel nostro popolo è importante ; su questo tema uno dei più grandi sociologici dei nostri tempi Pitirim Sorokin affermava l'importanza di questo collegamento. Nelle campagne si realizzano più compiutamente forme di solidarismo nelle relazioni sociali, in città invece l'intensa circolazione dei beni e dei valori sviluppa l'antagonismo e l'individualismo; diventa, così, importante mantenere questo collegamento tra cultura rurale ed urbana perché consente di contribuire al rinnovo della mentalità e dei valori apportando nuove e fresche energie spirituali. Le radici nella cultura della terra sono ancora molto forti nel nostro paese e consentono a questo popolo di avere ancora una maggiore sensibilità ed attenzione all'altro, in definitiva una maggiore capacità di avere sentimenti di amicizia, come vedremo, fondamentali in questa fase di crisi.
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