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Minsky (moment): un genio oscurato dagli interessi della finanza


La speculazione finanziaria detta l'agenda dell'economia stravolgendo la realtà, la storia e di fatto cancellando tutte le norme antitrust che avevano regolato i mercati; la separazione del dollaro da un sottostante nel 1971 facilita l'avvio della gigantesca illusione del pifferaio magico. La ricerca del massimo profitto personale porta alla delocalizzazione del lavoro, alla perdita conseguente dei redditi derivanti dall'economia reale, all'aumento dei consumi a debito che generano una crescente insolvenza.

Il mercato azionario si trasforma in un casinò basato sulla speculazione che compra e vende in continuazione; il "trading" a elevata frequenza diventa un commercio elettronico basato su modelli matematici che prendono le decisioni e la competizione si gioca sulla velocità con cui si fanno le operazioni lasciando il mondo reale fuori da ogni schema. Le corporations diventano bolle infinite create da aspettative di risultati illusori, per creare valore i principi contabili consentiranno di accogliere nei risultati le aspettative future di reddito; i maggiori valori attribuiti dal mercato consentono un maggiore indebitamento, ma il valore delle azioni è frutto di manipolazione con il buy back e la liquidità del QE (quantitative easing) che, secondo Bloomberg, genera un plusvalore del 60%.

La curva della massa finanziaria si alza sempre di più ma l'economia reale frena, la disoccupazione non consente di ripianare le posizioni di debito, "la caduta del livello dei prezzi e dei salari tende a innescare un processo deflazionistico creditizio tale da ridurre la quantità di moneta, il che non fa che aggravare la situazione sul mercato del lavoro: prezzi e salari flessibili hanno effetti destabilizzanti" (Minsky, op. cit.). Più crescono gli indici di borsa più peggiora l'economia reale, i due indicatori vanno su strade completamente divergenti; il sistema si avvita verso il "Minsky moment".

Infine la drammatica pandemia del coronavirus che avvolge la Cina sembra un "trigger" esplosivo perché abbatte le produzioni, i consumi, le aspettative di ricavi ed aumenta i rischi di insolvenza. Tutto diventa un gioco di montagne russe contro l'evidenza della realtà ed il caso della Tesla è l'esempio. L'evidenza dei fatti è data dagli indicatori meno manipolabili come il "Baltic Dry Index" l'indice dell'andamento dei costi del trasporto marittimo e dei noli delle principali categorie delle navi dry bulk cargo. Esso raccoglie le informazioni relative alle navi cargo che trasportano materiale "dry", quindi non liquido (petrolio, materiali chimici, ecc) e "bulk", cioè sfuso. Riferendosi al trasporto delle materie prime o derrate agricole (carbone, ferro, grano, ecc) costituisce anche un indicatore del livello della domanda e dell'offerta di tali merci e per individuare i segnali di tendenza della congiuntura economica. L'osservazione del suo andamento è drammatico, un crollo dell'80% in cinque mesi dal massimo del settembre del 2019 ad oggi.

Per dirla con il compianto prof. Emanuele Severino: "Siamo sopra un mare in tempesta ma non vogliamo vederlo".
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