Si tenga anche presente che
subito dopo le elezioni dell'8 novembre cesseranno le vendite di scorte strategiche di petrolio americano, che hanno dato un grosso contributo a farne scendere il prezzo. Le scorte, accumulate nei quarant'anni passati, saranno a quel punto quasi azzerate in un contesto geopolitico globale tutt'altro che tranquillo e dovranno quindi essere ricostituite. Un recupero del prezzo del greggio, a quel punto, non sarà certo da escludere.
Muoversi nei mercati in questo flusso incrociato di euforizzanti e sonniferi diventa ora davvero complicato. Bombardati di pillole di tutti i tipi, mercati ed economie possono reagire in modo imprevedibile al ternando nervosismo e calma apparente, tenendo per qualche tempo ancora (con perfino qualche guizzo di vitalità) e poi cadendo all'improvviso in recessione.
E che la situazione sia confusa lo dimostrano anche le reazioni dei mercati ai dati economici. Queste reazioni sono ancora prevedibili quando si tratta di inflazione ma non lo sono più quando si tratta di crescita e mercato del lavoro. In pratica il mercato non sa più se augurarsi dati buoni o dati negativi e reagisce ogni volta in modo diverso, più sulla base del positioning del momento che del merito del dato.
Ecco allora che
diventa importante darsi un orizzonte temporale negli investimenti e cercare di essere disciplinati. Se l'orizzonte è a 12 mesi, settembre 2023, da qui in avanti i rialzi sono da vendere. Fra 12 mesi infatti, l'America sarà molto probabilmente in recessione e la Fed non avrà ancora iniziato a tagliare i tassi (se non nel caso in cui la recessione sia particolarmente seria).
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