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La durezza dei dati

Spendiamo perché siamo felici o perché siamo infelici?


I mercati, dal canto loro, continuano a cercare un paradigma. Dopo il no landing degli ultimi mesi siamo passati questa settimana a riesumare per qualche ora lo spettro dell'atterraggio duro, salvo poi ripensare tutto e propendere per una riedizione del soft landing. Ricordiamo che il no landing favorisce la borsa rispetto ai bond lunghi, l'atterraggio duro favorisce i bond lunghi rispetto alla borsa e il soft landing è moderatamente positivo per tutti.

Nel dubbio, il mercato ha deciso di comprare tutto, sia azioni sia bond lunghi. La logica sottostante è che la put della Fed, con le elezioni che si avvicinano, è sempre più forte. Qualsiasi debolezza verrà contrastata energicamente con tagli dei tassi. Ergo, non ci sarà debolezza per l'azionario (perché la crescita sarà difesa a tutti i costi) e non ci sarà per l'obbligazionario (perché i tassi verranno tagliati).

Troppo bello per essere vero? No, almeno fino a novembre. Il rischio, come hanno ricordato in questi giorni Larry Summers e Jeffrey Gundlach, è che l'evidente priorità data dalle banche centrali alla crescita rispetto all'inflazione (dimostrata anche dalla Bce con il taglio di oggi) possa rialimentare tensioni sui prezzi l'anno prossimo.

In pratica rimaniamo investiti in borsa perché la Cina, nonostante tutto quello che si dice, continua a crescere bene, perché l'Europa è in accelerazione e perché i dati duri americani, fino a questo momento, continuano a essere positivi. Restiamo sui bond brevi e apriamo una piccola posizione tattica sui bond lunghi come copertura nel caso, improbabile, che l'America rallenti davvero.
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