La Cina inventò la moneta cartacea nel VII secolo. Si trattava di certificati supportati da rame o ferro monetato. Fu però la dinastia mongola che si impadronì del paese con Kublai Kahn (quello di Marco Polo) a intuire le potenzialità di spesa pubblica che una moneta cartacea creava e a istituire la prima fiat currency non supportata da nulla. Come da manuale, per evitare la concorrenza di oro e argento, questi furono dichiarati illegali. Chi li possedeva doveva quindi consegnarli alle casse imperiali. Come da manuale, un'ondata inflazionistica si diffuse nel paese.
Anche la successiva dinastia Ming tentò di mantenere il regime di
fiat currency, ma l'eccesso di inflazione la obbligò in varie fasi a fare convivere la circolazione delle banconote con quella dell'argento e del primo oro che arrivava dalle Americhe attraverso le Filippine spagnole. Come da manuale, il Tesoro imperiale pagava i fornitori in carta ma esigeva che le imposte fossero pagate in argento.
Con la dinastia Qing si tornò all'ortodossia.
I quattro secoli di sperimentazioni monetarie avevano insegnato alla popolazione a fidarsi solo dei metalli. La prima metà del Novecento vide però il susseguirsi di guerre civili e di guerre antigiapponesi con conseguenti frequenti ondate di inflazione.
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