Chi ha seguito la
linea di comunicazione culturale e sociale dei media italiani, ma anche degli inesausti e ripetitivi talk-show di questi anni, potrà vedere nei fatti quanto quel modello di informazione sia stato
lontano dalla verità e l'abbia dimenticata, colpevolmente, senza fare un minimo di autocritica ma appiattendosi su una comunicazione frammentata, distorta e frutto di un pensiero unico trasversale che rende omogeni i principali giornali. La storia narrata, quella ufficiale, è sembrata spesso più funzionale ad interessi diversi da quelli che dovrebbe avere un'informazione che si possa definire indipendente ma invece è servile ed acefala.
Già con il covid l'informazione è stata dedicata più alla quantità che non alla qualità la quale è più funzionale a porre in evidenza i problemi reali che hanno inciso profondamente sulla minore tenuta della società lasciata sola di fronte al dramma della pandemia disumanizzante che ha colpito tutti ed in particolare i più deboli e tra questi i giovani e gli anziani.
Il lockdown ha logorato e spaccato il sistema delle relazioni sociali creando una disgregazione sociale a cui un'iperinformazione tutta orientata ad una cronaca parcellizzata ha contribuito allo stato di isolamento, di paura e di incertezza e mai nessuno ha affrontato il tema del disagio psichico crescente che si è inasprito con continui atti di conflittualità, spesso criminali, che ora si sono accentuati con l'impatto sociale ed economico della guerra.
L'informazione quasi autistica era funzionale ad un
flusso continuo di informazioni quantitative solo sui dati, lasciando l'interpretazione ad
esperti spesso in contraddizione tra di loro, più desiderosi di apparire che interpretare i fatti; questa continua e contrastante informazione ha contribuito a creare malessere sociale, confusione ed aumentare la paura che invece una corretta informazione avrebbe dovuto provare a stemperare. Una società confusa è più aggredibile e manovrabile come scriveva
Gustave Le Bon nel suo lavoro "Psicologia delle folle", così sono mancate azioni di sostegno al malessere generale che avrebbe finito per creare, come vediamo oggi, una forma di deprivazione sociale e lasciare le persone sole di fronte al dramma quotidiano.
Con il covid sono sorti i problemi economici e finanziari che si sono aggravati con l'impatto della guerra in Ucraina, la sospensione dei flussi produttivi ha creato blocchi produttivi e situazioni di diseconomicità in molte aziende produttive e di vuoti produttivi con conseguenti effetti negativi sull'occupazione. L'informazione corretta avrebbe dovuto dare rilievo, cosa non fatta, ad un fenomeno così evidente che creava distorsioni nelle produzioni e vuoti lavorativi sollecitando le politiche economiche e l'opinione pubblica ad interventi atti a ridurre e contenere gli aspetti negativi che stavano minando la coesione sociale ed alimentando la protesta ed i conflitti sociali che avrebbero portato alle elezioni anticipate ed ai risultati di capovolgimento delle maggioranze.
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