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Il dramma del paese: la cultura della rendita aumenta il debito pubblico ed elude le responsabilità

La cultura della rendita è incapace di produrre ricchezza e alimenta il debito, a differenza della cultura del mercato


L'altro aspetto del clima che stiamo vivendo è la totale mancanza di rendicontabilità per cui nessuno risponde mai dei problemi che si vengono a creare; abbiamo visto recentemente lo scambio di accuse tra amministrazioni centrali e quelle periferiche per i danni delle esondazioni, alla fine l'unico colpevole è il destino.

Questa situazione di decadenza morale e di disinteresse del bene comune è frutto di un modello socioculturale che ha accoppiato la massimizzazione dell'interesse personale con un' amoralità che ispira continuamente atti illeciti e che ha di fatto cancellato il settimo comandamento "Non rubare". Infine la finanziarizzazione dell'economia reale ha illuso tutti creando la bolla colossale di questo secolo con una finanza irrazionale e da rapina che riesce a dominare la politica ed impone le sue leggi.

E' sempre il modello socioculturale che plasma e forza la volontà e la vita degli uomini, ma questo modello può infiltrarsi nelle coscienze deprivandole della capacità di una critica autonoma ed in definitiva del pensiero. Già Alexis de Tocqueville ("La democrazia in America", II° volume, 1840) rimarcava il rischio di un potere che penetrando insensibilmente nell'interiorità degli individui potesse dirigerne le azioni, orientarne le scelte ed indebolirne le volontà, in questo modo l'attenzione alla luce della luna distrae dal cambiamento che avviene sotto gli occhi ma non viene percepito perché troppo doloroso. Si forma, di conseguenza, una sorta di potere egemonico lontano dal senso di "societas" e da quello di collaborazione ma vicino al "bellum omnium contra omnes".

Abbiamo accettato di costruire una torre di "Babele" in cui i partecipanti al gioco non si capiscono più, ognuno parla una lingua diversa volta a soddisfare interessi particolari e non il bene comune spesso citato come foglia di fico per mascherare un imperialismo senza regole morali. Così la stessa giustizia viene strumentalizzata per realizzare gli interessi superiori che diventano dominanti e si afferma il principio di utilità personale a costo di normalizzare comportamenti illeciti e "le norme giuridiche sono considerate in misura crescente un meccanismo attraverso cui i gruppi più forti sfruttano quelli più deboli: una frode che permette alle classi dominanti di sottomettere e controllare le classi subordinate", scriveva Sorokin nel 1941 nel suo lavoro "La crisi del nostro tempo".

Ma quando "i valori perdono ogni sapore" ed efficacia, l'unica via che resta per controllare le relazioni umane è quella della forza bruta... Ecco perché oggi tutti ripetono che "la ragione è del più forte..." Ciò a sua volta ha prodotto l'odio e l'odio ha condotto all'impiego della forza bruta ed allo spargimento di sangue. In una situazione segnata da caotici conflitti normativi i valori morali hanno finito per essere fondati sulla polvere ed hanno ceduto il passo alla coercizione brutale e arbitraria. Il "pathos" dell'amore cristiano, capace di tenere uniti gli uomini, è stato sostituito sempre più dall'odio tra uomini, classi, nazioni, stati e razze (oggi diremmo anche tra religioni, ndr). Come risultato la forza si è trasformata in diritto ed ha sollevato di nuovo il suo capo mostruoso il "bellum omnium contra omnes", sempre Pitirim Sorokin nel 1941 ("La crisi del nostro tempo" ed. Italiana Arianna, 2001, pag. 156-7). Sono passati 74 anni dalla visione profetica di questo grande studioso fondatore nel 1930 del dipartimento di sociologia di Harvard, al tempo era considerato un pericoloso visionario ma oggi è la realtà di tutti giorni.



(Foto: © kenishirotie / 123RF)
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