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Normalizzazione

Il complicato ritorno al mitico 2019

Nel considerare gli sviluppi dell'economia del Novecento, la storiografia economica ha sempre avuto due date di riferimento, il 1913 e il 1938, intese come una specie di età dell'oro seguita dalle devastazioni della guerra. Quanto tempo sia occorso perché l'economia tornasse ai livelli del 1913 o del 1938 è stata la domanda classica degli storici, in particolare per i paesi sconfitti e per quelli che furono sconvolti da rivoluzioni sociali e politiche alla fine della guerra.

La Germania, ad esempio, ritornò ai livelli di Pil del 1913 solo nel 1927. Perché poi la Germania occidentale tornasse a un reddito pro capite simile a quello del 1938 si dovette aspettare fino al 1954 (fonte Barry Eichengreen). Ancora più colpita fu la Russia, che dovette attendere i primi anni Trenta per ritornare al reddito pro capite del 1913. Più veloce fu il recupero dopo la Seconda guerra mondiale (che l'Urss vinse) e già nel 1948 si ritornò ai livelli del 1938.

Il Covid è stato trattato dai governi occidentali come una guerra mondiale se si considera la risposta monetaria e fiscale, che è stata perfino più aggressiva rispetto a WW2. È dunque comprensibile che in questi ultimi anni si sia guardato al 2019 come ultimo anno felice con il quale confrontarsi e al quale tendere nel processo di normalizzazione in corso. Nelle ultime settimane, ad esempio, Powell ha fatto continui riferimenti al mercato del lavoro del 2019.

In termini di Pil reale la normalizzazione è già avvenuta da tempo. Il Pil dell'Unione Europea è del 3 per cento superiore a quello del 2019, in America è più alto del 9 per cento e in Cina (il paese che viene spesso presentato come in grave crisi strutturale) l'economia è cresciuta del 24 per cento.

Sistemata la crescita, che ha in realtà sofferto solo nel 2020, si è trattato di normalizzare l'inflazione, il mercato del lavoro, la politica monetaria e la politica fiscale. Su alcuni di questi punti siamo abbastanza avanti, su altri siamo indietro.
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