Il primo semestre sta per concludersi e la sorpresa maggiore, rispetto alle attese di inizio anno, riguarda i bond. Il decennale americano, che aveva chiuso il 2023 al 3.88 per cento, rende oggi il 4.30. Dei sette tagli dei tassi che il mercato era arrivato a scontare a metà gennaio non si è vista per adesso nemmeno l'ombra. Per alcuni mesi l'inflazione, invece di continuare a scendere, è risalita. A questo si aggiunge periodicamente il rischio che il Giappone, per difendere uno yen sempre più debole, inizi a vendere i Treasuries che ha accumulato nelle sue riserve.
C'è però qualche concreta possibilità che il secondo semestre, per i bond lunghi sia positivo. L'inflazione, che fin qui ha sorpreso per la sua forza, potrebbe ridursi. Non lo diciamo per quel residuo di mentalità da inflazione transitoria che ancora seduce una parte del mercato, ma sulla base di un quadro macro meno surriscaldato. Il disavanzo pubblico americano, infatti, sarà quest'anno leggermente inferiore a quello del 2023. Si sono raccolte più imposte sui capital gain dell'anno precedente e l'amministrazione Biden non è riuscita (per ora) a rinnovare la moratoria sui prestiti universitari. Il risultato è che meno soldi vengono trasferiti al settore privato. L'effetto è un leggero raffreddamento dei consumi e un Pil un po' meno brillante.
Certo, l'amministrazione Biden sta provando a varare misure di stimolo per via amministrativa, senza cioè ricorrere al voto del Congresso. Tra queste la più rilevante sarà, se decisa, la possibilità, per chi ha comprato una casa con il mutuo, di chiedere un secondo mutuo a tasso agevolato alle agenzie pubbliche che controllano il mercato dei mutui. Questo mercato, dalla Grande Crisi Finanziaria del 2008, è praticamente nazionalizzato. Le banche erogano i mutui, ma li girano immediatamente alle agenzie federali, di cui in pratica sono semplici distributori. Con questo provvedimento due trilioni di nuovi crediti saranno disponibili per le famiglie, ma è ormai tardi perché siano già spendibili entro la fine di quest'anno.
Il modesto rallentamento nei consumi e nel Pil ha fatto pensare ad alcuni osservatori che la seconda parte dell'anno sarà ancora più debole. È possibile, ma è improbabile che questa eventuale ulteriore debolezza porti verso una stagnazione o, addirittura, a una recessione. Se dovesse succedere, la Fed sarebbe pronta a tagliare aggressivamente i tassi. Per ora, in ogni caso, non ci sono ancora segnali preoccupanti.
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