Alcuni venerati
investitori, da Stanley Druckenmiller e David Tepper a Michael Burry (il Grande Short del 2008), già dal primo trimestre di quest'anno hanno
ridotto le loro posizioni sui colossi della tecnologia americana e si sono orientati sulle società tradizionali medie e piccole della borsa americana o sulla tecnologia cinese. Warren Buffett ormai da anni indirizza i nuovi investimenti soprattutto in Giappone.
Molti fondi real money, che hanno tradizionalmente più vincoli e minore propensione al rischio geopolitico rispetto ai fondi hedge e ai grandi investitori individuali, pur continuando a restare fuori dal mercato cinese si sono spostati sulle borse europee. Nelle ultime settimane, infine, abbiamo assistito a un
ritorno d'interesse per il mondo delle utilities. In particolare, il settore elettrico viene visto come un'alternativa a basso costo e a basso rischio rispetto alle società dell'Intelligenza Artificiale, che nel 2030 consumeranno l'8 per cento dell'elettricità prodotta nei paesi avanzati.
Ultimo arrivato nelle discussioni recenti è
l'intoccabile per antonomasia, l'immobiliare commerciale americano, duramente colpito dal lavoro da casa che ha ridotto la domanda di uffici e dall'espansione del commercio online, che è avvenuta a spese dei grandi centri commerciali. Qui probabilmente è ancora presto per comprare in modo generalizzato ma non è certo presto per mettersi a seguire e studiare un settore che non tornerà per qualche anno alle glorie del decennio scorso, ma che ai prezzi stracciati di oggi offre all'occhio esperto opportunità, sia in forma reale di edifici sia in forma finanziarizzata di distressed debt o di equity.
Non è solo nell'azionario che vale la pena guardarsi in giro. Anche nell'obbligazionario molte cose sono cambiate in questi anni e i bond interni in valuta locale dei migliori tra i paesi emergenti hanno offerto ritorni superiori a quelli dei titoli del Tesoro americani e con meno volatilità.
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