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Le agenzie di Rating: una dittatura opportunistica e priva di scientificità

Quale rating attribuire alle agenzie di rating?


Davanti al declassamento di un titolo la comunità finanziaria raramente non reagisce con un deprezzamento, privilegiando le decisioni degli analisti rispetto alle ragioni portate dall'emittente. In questo senso, si è parlato di "dittatura degli analisti", per il potere di condizionare la Borsa, riconosciuto loro dal mercato che in parte non tiene conto dei conflitti d'interesse talora esistenti, in altra parte è relativamente interessato a un rating veritiero e a un giusto prezzo dei titoli. Un declassamento o una sovrastima del rating aprono (a chi ha le giuste informazioni) occasioni di guadagno speculativo.

In questo senso, le «agenzie di rating», oggi sotto accusa, dimostrano l'inadeguatezza dei loro modelli di analisi, perché pretendono di giudicare con un unico metro il criterio del mercato (l'ottimo del singolo a breve) e l'utilità economico-finanziaria di istituzioni che perseguono invece, modelli sempre più diversi – quello della sussidiarietà nel medio-lungo tempo come l'Europa e non il mercato come gli Usa.

I due modelli hanno un'idea di economicità diversa e la storia sta dimostrando che il primo è vincente, mentre le agenzie di rating continuano a usare il parametro di valutazione basato sul secondo, cioè perdente. Inoltre i loro modelli si fondano su una cultura finanziaria che ragiona sui flussi di cassa perché avendo «finanziarizzato» l'economia reale hanno, colpevolmente, dimenticato che gli equilibri finanziari dipendono sempre da quelli economici e non viceversa, come dimostrano i fondamentali di base della ragioneria al primo anno del corso di economia. Per semplificare al massimo le loro proposizioni e le loro analisi dei fatti, riducono questi ultimi solo a quelli misurabili a fronte di una realtà complessa come quella di una società; basterebbe osservare la dinamica decisionale di una famiglia per capire che siamo sulla strada sbagliata.

I dati raccolti risultano assolutamente limitati per la complessità dell'oggetto di osservazione, ma vengono comunque considerati come assoluti. Il modello di riferimento culturale a cui abbiamo fatto cenno non accetta contradditorio e quindi si finisce per subire una tirannia culturale infondata ma comoda per coloro che ne traggono uno specifico vantaggio. Conseguentemente alla verità assunta come assoluta, i modelli di analisi finanziaria considerano irrilevante la capacità di tenuta dei membri di una società a fronte dei problemi economici, ma se la società è fondamento dell'economia, i loro modelli si rivelano antistorici perché non prendono in considerazione le strutture di regolazione di una società.

A parità di indicatori finanziari, a fronte di una situazione di crisi ha più tenuta una società con alta «uguaglianza» o una con alta «disuguaglianza» di reddito? Le valutazioni da loro emesse sulle società diventano solo montagne russe e non credibili in una logica di brevissimo tempo in cui ragionano perché le infinite scommesse finanziare danno la massima volatilità ai prezzi ed ai dati continuamente mutevoli.
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