Senza entrare nel dettaglio dei parametri congiunturali, queste letture cupe ci sembrano forzate e frutto della razionalizzazione da parte dei mercati della loro discesa. La quale discesa, un 10 per cento dai massimi, non è, di per sé, niente di che. Nel luglio scorso, in presenza di un'analoga correzione del 10 per cento, non si era certo parlato di recessione imminente o di declino irreversibile dell'America.
L'America, infatti, non sta assolutamente andando così male come si potrebbe pensare guardando i mercati. La crescita, per quest'anno, è stimabile intorno all'1.5 per cento, non molto sotto la velocità di crociera dell'1.75. L'inflazione è persistente ma contenuta e ancora di più lo è l'inflazione salariale. Il mercato del lavoro mostra qualche moderato segno di indebolimento, ma in un contesto di ridotti flussi di immigrazione è precisamente questo che ci si dovrebbe augurare se non si vuole vedere esplodere l'inflazione salariale.
Quanto all'effetto dei tagli di bilancio operato dal Doge di Musk, è certamente più incisivo di quanto non si fosse pensato inizialmente, ma l'efficacia è per il momento più potenziale che reale, anche perché molti tagli sono per ora bloccati dall'azione della magistratura. Quanto ai tagli di imposte, è ancora presto per capire a quanto ammonteranno. Un'ipotesi che ci sembra ragionevole è che i tagli ammonteranno alla metà dei risparmi di bilancio (più il ricavato dei nuovi dazi), mentre l'altra metà andrà a ridurre il disavanzo pubblico.
Sulla base di quanto detto, potremmo considerare terminata la correzione azionaria, anche in considerazione del flusso continuo di azioni di stimolo che il resto del mondo ha avviato, incluso il nuovo pacchetto da 100 miliardi per l'ambiente concordato in Germania con i Verdi in cambio del loro assenso alle altre misure di stimolo, nonché le ulteriori azioni di politica fiscale che la Cina varerà nelle prossime settimane.
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