Ed è di qui che bisogna ripartire: l'indipendenza energetica americana, il fatto che non sono più necessariamente importatori netti di energia, è stata una scelta assai travagliata e soprattutto costosa, che ha messo fuori mercato l'economia americana. In primo luogo va ricordato che da sempre gli Usa hanno fatto affidamento sul petrolio venezuelano: giacimenti enormi ma da cui si estrae un greggio di qualità assai complessa da raffinare e da trasportare. Non è un caso che il mercato petrolifero europeo faccia invece riferimento al Brent ed al petrolio arabo, molto più leggero.
Oltre ai gloriosi e storici giacimenti petroliferi del Texas e dell'area del Mississippi-Missouri, gli Stati Uniti avevano una alternativa immediata: farsi arrivare il petrolio dal Canada attraverso un
gigantesco oleodotto, Keystone Pipeline, che avrebbe avuto come terminali le raffinerie a nord nell'Illinois ed a sud nel Texas. Ci sono state controversie incredibili, con stop and go continui, accuse incrociate di devastazioni ambientali, di passaggi inammissibili sui Territori dei Nativi, di incompatibilità con il sistema di raffinazione esistente.
La scelta americana è caduta così sullo sfruttamento dei bacini di scisto, enormi giacimenti nella regione degli Appalacchi, che erano sempre stati considerati non utilizzabili per l'alto costo di sfruttamento e la bassa produttività di ciascun pozzo: bisogna procedere con la fratturazione idraulica, iniettando nel terreno una miscela di acqua addizionata con solventi chimici, perforando la roccia in orizzontale.
Il petrolio estratto in questa maniera viene a costare attorno ai 65 $ al barile: una enormità rispetto al costo di quello arabo.
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