In quasi due anni di emergenza sanitaria, abbiamo registrato interventi straordinari di spesa dei Governi europei, con la sospensione del Fiscal Compact e l'avvio dei programmi di investimento nel settore ambientale e della informatica finanziati dal New Generation UE.
La BCE ha ripreso gli acquisti del Qe sin dal novembre del 2019 ed ha avviato il PEPP a partire da marzo 2020.
I Governi non si possono tirare indietro, vista la recrudescenza della crisi sanitaria: spingono sulle vaccinazioni ed i richiami, temendo che nuove restrizioni all'attività produttiva ed alle relazioni sociali possano interrompere il positivo rimbalzo dell'economia verso i livelli del 2019.
Stretta fra l'inflazione, che non è mai stata così alta da decenni, ed i timori per le ricadute sull'economia di una nuova crisi sanitaria, la
BCE traccheggia:
se alza i tassi di interesse, mette al tappeto tanti debitori e scoraggia i pochissimi investimenti programmati; se riduce la immissione di liquidità, in un contesto di grandi emissioni di debito pubblico, rischia di scatenare un pandemonio sul mercato.
E' stato troppo comodo dare addosso per anni ai Governi spendaccioni, troppo comodo alzare i tassi di interesse solo per controllare la crescita dei salari: il Trattato europeo e lo Statuto le imponevano rigore assoluto.
E sarebbe troppo scomodo, ora, dover riconoscere che la decennale politica dei tassi negativi ha danneggiato anche le banche europee disincentivando il credito, che ha indotto le assicurazioni vita ad investire in asset più rischiosi, che ha incentivato gli investimenti prevalentemente finanziari e speculativi.
Invece di stroncare la speculazione che bastonava gli Stati, tra cui l'Italia, la BCE le ha fornito tutta la liquidità possibile, come la Fed.
Ora tace: non controlla i Mercati, ma ne è succube.
Nonostante l'inflazione, la BCE traccheggia. Antiche Certezze, Scomode Realtà
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