La
politica monetaria espansiva della BCE, anche utilizzando strumenti non convenzionali come il Qe, ha bilanciato la politica fiscale restrittiva che è stata adottata con il Fiscal Compact, che richiede il pareggio strutturale dei bilanci pubblici e la riduzione del rapporto debito/PIL.
Abbiamo dunque trascorso un intero decennio,
dal 2009 al 2019, con una politica fiscale europea fortemente restrittiva e con una politica monetaria che a partire
dalla fine del 2011 è stata al contrario enormemente espansiva.
Le conseguenze sono sotto i nostri occhi: vista la stretta fiscale, con gli aumenti delle tasse e la riduzione delle spese, i ritmi di crescita delle economie europee si sono ridotti.
L'Italia non aveva mai registrato tassi di crescita economica e di inflazione così bassi come nel 2019, alla vigilia della crisi sanitaria. Nonostante l'enorme liquidità immessa dalla BCE, l'obiettivo della "stabilità monetaria con l'inflazione ad un livello vicino ma non superiore al 2% annuo" non è mai stato raggiunto.
Vista la bassa crescita economica indotta dalla politica fiscale restrittiva, ed i bassi tassi di interesse derivanti dalla politica monetaria espansiva,
nessuno ha avuto motivi per investire nell'economia reale: non gli imprenditori, perché la capacità produttiva già installata era già sufficiente a coprire la domanda poco dinamica; né le Banche ed i Fondi, per via degli interessi minimi che ne avrebbero tratto.
La liquidità immessa dalla BCE, al pari di quello che è accaduto negli Usa con la Fed, ha incentivato investimenti prevalentemente finanziari e speculativi, in Borsa e sui futures delle materie prime. Bolle ed inflazione, sono le inevitabili conseguenze.
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