Come se non bastasse, c'è
in corso da tempo un conflitto diplomatico e militare tra Turchia e Grecia per via delle risorse petrolifere di cui si suppone l'esistenza al largo di Cipro: Ankara contesta la legittimità della sterminata zona economica esclusiva che spetta alla Grecia per via delle isole che si trovano a meridione delle coste turche, in particolare quella che circonda Castelrosso. Mentre Ankara vuole, a tutti i costi, l'indipendenza energetica,
Parigi si è schierata con determinazione a difesa della Grecia. E' da sola, ancora una volta, la Francia: la Germania, l'Unione europea e la stessa Italia traccheggiano, come è avvenuto dopo le iniziative di Erdogan in Libia.
Parigi mette le sue pedine sulla scacchiera, scommettendo sul collasso economico della Turchia e sulla insostenibilità della sua strategia geopolitica:
Mosca e Washington, ma soprattutto Londra, hanno in mano le chiavi del Mediterraneo. C'è poi di mezzo Israele e gli Accordi che sta stipulando con una serie di Paesi arabi, rompendo un isolamento storico. Sullo sfondo, l'ombra del Dragone cinese: se Pechino intendesse infilare un'altra perla nella sua collana di alleanze dopo l'Iran, sostenendo finanziariamente la Turchia che boccheggia per la svalutazione della Lira, la scommessa neo-ottomana di Erdogan alzerebbe la posta ad un livello inaccettabile.
In fondo, una Turchia tentacolare nel Mediterraneo che fa da sponda a Pechino non serve a nessuno: alle grandi Potenze serve solo controllare i Dardanelli. Serve comunque un garante nei confronti della Russia, a Costantinopoli: Winston Churchill, che sperava di far collassare l'Impero Ottomano forzando gli Stretti per veder dilagare le truppe dello Zar, prese il più grosso abbaglio della sua vita. Come si legge negli Accordi di Yalta, degli esiti dei colloqui diplomatici tra Washington, Londra e Mosca sulla modifica del Trattato di Montreux, "il governo turco sarà informato a tempo debito".
Mentre
Berlino nicchia, per timore di esporsi nei confronti della sua comunità turca,
Parigi ha deciso: dopo averla pure giocata, spedendo Khomeini in Persia per evitare che la rivolta contro lo Scià basculasse verso l'URSS, e subendone ancora le conseguenze sociali nonostante sia passato oltre mezzo secolo dalla fine della guerra in Algeria,
la carta dell'Islamismo va bandita dalla politica internazionale. Chi la usa, si brucia.
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