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Le Scintille e La Paura

Berlino tace, mentre Parigi ed Ankara sono ai ferri corti


La questione turca, in questi venti anni del nuovo millennio, si è riaperta ben prima che le Primavere arabe facessero collassare l'Egitto, che era stato per oltre mezzo secolo il pilastro degli equilibri mediorientali. Rinasce per l'abbandono della prospettiva di una Unione Euro-Mediterranea, voluta congiuntamente nel 2008 dai Presidenti di Francia ed Egitto, Nicolas Sarkozy ed Hosni Mubarak: una iniziativa tanto silenziosamente quanto forsennatamente osteggiata sia da Bruxelles che da Berlino.

Il Mediterraneo sarebbe diventato un'area di pace, cooperazione e sviluppo: anche il Trattato di particolare amicizia con la Libia, che fu firmato in quel medesimo torno di tempo dall'Italia, dava seguito all'appeasement deciso dalla Amministrazione statunitense guidata da George Bush Jr.

Tutto si ribalta con la prima Presidenza di Barak Obama, con il ritiro dai teatri internazionali di conflitto dopo averne ben avvelenato i pozzi, per evitare che altre potenze potessero esercitare comodamente un ruolo egemonico. Alla guida del processo c'era Hillary Clinton: al Cairo, la pressione di piazza Tahir non condannò solo il Presidente Mubarak alle dimissioni, ma decretò soprattutto la fine del laicissimo Egitto, visto che la costituzione vietava sin dai tempi del generale Nasser la costituzione di partiti con vocazione religiosa. Il potere cadde nelle mani dei Fratelli musulmani, sostenuti da Ankara. Chissà se, in quelle circostanze, Washington da una parte e Berlino dall'altra non abbiano preferito affidare un maggior ruolo alla Turchia guidata da Erdogan, Paese membro della Nato e partner di eccezione della Germania, piuttosto che veder avanzare nel Mediterraneo il disegno egemonico franco-egiziano che avrebbe finito per pilotare i destini dell'intero Medio Oriente.
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