La
riforma che si prospetta per il MES va nel senso esattamente contrario a
quello che era stato auspicato mesi fa da Paolo Savona, quando era Ministro agli Affari Europei.
Savona proponeva di
usare il MES come istituzione finanziaria capace di emettere sul mercato obbligazioni di rating molto elevato, safe asset che pagano dunque interessi estremamente bassi vista la solidità dell'emittente. La raccolta sarebbe stata girata a Stati come l'Italia, che invece pagano un prezzo alto sulle proprie emissioni, sulla base di chiare garanzie per il rimborso di queste somme: in questo modo, l'Italia avrebbe ridotto il peso degli interessi sul debito pubblico, azzerando il deficit che, da anni, deriva solo ed esclusivamente, dall'elevato tasso di interesse che paghiamo sulle emissioni.
Invece di abbattere il deficit pubblico e quindi la tendenza del debito pubblico italiano a crescere solo per via dell'elevato onere per interessi, come auspicava Savona,
si abbatte il valore dei risparmi e degli investimento in titoli del debito sottoscritti da privati, banche, assicurazioni e fondi previdenziali italiani che detengono oltre il 70% delle emissioni.
Mai e poi mai, si deve offrire alla speculazione la certezza che il debito sarà ristrutturato a suo favore dopo una crisi.
La
regola vuole che intervengano le Banche centrali, acquistando senza limiti come "lender of last resort" i titoli posti in vendita sul mercato secondario e sottoscrivendo le nuove emissioni. E' la tanto
vituperata monetizzazione del debito, che non fa crollare i corsi e non fa impennare i rendimenti: la banca centrale stampa moneta e ritira titoli al valore di rimborso maturato.
Questo ultimo criterio, d'altra parte,
è già stato adottato dalla BCE con
il programma ONT, per battere la speculazione, dopo gli episodi critici dell'estate del 2012: prevede acquisti sul mercato di titoli del debito pubblico, senza limiti quantitativi prefissati, nel caso che il mercato richieda tassi di interesse non accessibili.
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