(Teleborsa) - La Federal Reserve deciderà il 18 settembre se alzare i tassi dei Fed Funds, per la prima volta dal 2006. Le percezioni su un rialzo dei tassi di interesse hanno preso quota subito dopo il
FOMC precedente, in scia al
nuovo crollo dei prezzi petroliferi, ma si sono ulteriormente rafforzate dopo la
svalutazione dello Yuan da parte delle autorità cinesi e la lettura dei
verbali dell’ultimo FOMC, dai quali si evince la
preoccupazione della Fed sul ritmo dell’inflazione americana.
“La decisione della Fed sui tassi verrà presa solo tra quattro settimane e saranno giorni molto vulnerabili per i mercati, a cui guarderà tutto il mondo”, ha detto Stephen Halmarick, a capo della ricerca dell’australiana
Colonial First State Investment, che gestisce 150 miliardi di dollari. "Se il rialzo dei tassi dovesse tardare, probabilmente vedremo un po’ di sostegno arrivare dai mercati americani, perché il dollaro vivrà momenti di debolezza contro le altre valute, allentando la pressione sulle valute dei mercati emergenti, almeno nel breve termine”.
Attualmente
la debolezza fra le valute dei mercati emergenti non accenna a diminuire, alimentando la più lunga striscia di perdite settimanali dal 2000, dopo che anche il
Kazakistan e il Vietnam hanno deciso di svalutare le proprie valute e per la debolezza degli ultimi arrivati nell’arena della guerra valutaria in atto, cioè il Won coreano e il Ringit malese, assestati sui minimi degli ultimi 17 anni.
L’elemento di verifica per la debolezza del quadro monetario mondiale arriva dalla
raccolta netta dei fondi obbligazionari, che investono sui mercati emergenti, che accusa il saldo negativo più alto dal primo trimestre del 2014. La sola
Cina ha visto defluire nell’ultimo mese, investimenti esteri per oltre 4 miliardi di dollari.