(Teleborsa) - Il meccanismo del
reverse charge non deve essere applicato a supermercati, ipermercati e discount alimentari.
E' su questo presupposto che
Confindustria ha
presentato ufficialmente alla Commissione Europea una denuncia contro il reverse charge per il versamento dell’IVA relativa alle forniture nei confronti della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
La misura è stata introdotta con la
Legge di Stabilità 2015, che ha
ampliato la platea dei soggetti interessati alla misura.
Non è ancora operativa ma è al vaglio degli organi comunitari per l'eventuale autorizzazione.
"Le imprese italiane sono molto preoccupate perché se la misura venisse autorizzata produrrebbe pesanti conseguenze finanziarie per tutti i fornitori della Grande Distribuzione Organizzata, considerata la mole di crediti IVA che matureranno", commenta la Confederazione degli industriali, spiegando che il sistema produttivo è già notevolmente esposto dagli altri meccanismi di reverse charge e di split payment introdotti con la Legge di Stabilità, per cui è necessario incrementare la soglia di compensazione dei crediti IVA fino a 1 milione di euro e assicurare fondi adeguati per i rimborsi.
"L’Italia è nota per i tempi lunghi con cui effettua i rimborsi dei crediti IVA - tanto da essere oggetto di una apposita procedura di infrazione – e il meccanismo di inversione contabile rischia di acuire i ritardi nell’erogazione dei rimborsi, a scapito dell’effettiva neutralità del funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto, con effetti devastanti sulla liquidità delle imprese e sui loro piani di investimento futuri", si legge ancora in una nota.
Il
reverse charge, o
regime IVA di inversione contabile, è un meccanismo fiscale che prevede che colui che beneficia di una cessione di beni o di una qualunque prestazione legata all'erogazione di servizi, se è soggetto passivo nel territorio dello Stato, deve assolvere agli obblighi legati all'imposta in vece di colui il quale cede o presta il servizio.