Neppure un anno fa, a fine ottobre a Roma con il G20 e poi a Glasgow con il COP26, il mondo si era unito nell'intento di perseguire la decarbonizzazione della produzione, per contrastare l'innalzamento della temperatura atmosferica e gli sconvolgimenti climatici ed ambientali che ne conseguono. La commozione mostrata dai leader per questo successo straordinario era parsa francamente eccessiva, come il lancio delle monetine nella fontana di Piazza di Trevi, a Roma. Il distinguo della Cina, con impegni non per il 2050 ma verso la metà del secolo, non sminuì la portata dell'evento, definito storico.
L'Unione europea aveva deciso di cavalcare il processo di cambiamento epocale, di questa sorta di Terza Rivoluzione Industriale, per
far diventare i 27 Paesi dell'Unione i primi al mondo a raggiungere la neutralità climatica, riducendo di almeno il 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto al livello del 1990: il
Programma "FIT for 55", varato a luglio 2021, rappresentava il completamento di una agenda di lungo periodo, che aveva già disincentivato tutte le iniziative volte ad utilizzare fonti energetiche fossili e soprattutto le nuove interconnessioni energetiche con l'estero.
E' da anni che l'
Unione europea ignora e chiaramente osteggia qualsiasi iniziativa che possa interferire con la strategia di abbandono delle fonti energetiche fossili: non ha avuto alcun sostegno il
GALSI, il nuovo metanodotto che avrebbe dovuto collegare l'Algeria con la Sardegna per approdare a Piombino al fine di alimentarne gli impianti siderurgici; la situazione di caos politico in Libia è stata lasciata marcire; è rimasta senza risposta la supponenza con cui la Turchia ha fatto allontanare le imbarcazioni italiane che si erano avvicinate a Cipro per svolgere attività di prospezione sottomarina.
Ha lasciato costruire il North Stream 2 alla Germania, perché a Berlino non si può mai dire di no.
Le
energie rinnovabili, il solare e l'eolico in particolare, sono state considerate come la manna dal cielo: tutto dipenderà da loro, solo da loro: il
Next Generation UE è tutto un tripudio rivolto alla transizione ambientale.
Ed invece siamo nei guai. Mentre gli
Usa sono completamente indipendenti dal punto di vista energetico per via della produzione interna da fonti fossili, per i pozzi di gas e di petrolio nei giacimenti di scisto, e non hanno da temere né per le conseguenze della guerra in Ucraina né per la riduzione delle importazioni di petrolio e di gas dalla Russia,
in Europa si stagliano nere le prospettive di una crisi economica e sociale dalle conseguenze imprevedibili.
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