Agli interventi di assoluta emergenza della Fed si è sostituita la consuetudine delle "
politiche monetarie non convenzionali": da eccezione, è diventata la regola. Gli obiettivi della crescita economica, della piena occupazione o anche solo della stabilità monetaria che corrisponde ad un livello minimo di inflazione, vicino ma non superiore al 2% annuo, hanno determinato la creazione di liquidità aggiuntiva senza altro limite se non quello del raggiungimento degli obiettivi.
La
moneta in circolazione non era ritenuta mai sufficiente, se non quando e nella misura in cui questi obiettivi macroeconomici e di inflazione venivano raggiunti.
Dopo la Fed,
anche la Banca di Inghilterra, la Banca del Giappone e poi la Banca Centrale Europea hanno cominciato ad adottare queste politiche monetarie non convenzionali comprando ogni genere di titoli sul mercato: non solo quelli del debito pubblico ma anche le obbligazioni private sul mercato secondario o primario, anche senza margini a garanzia del rischio.
La
Banca del Giappone ha addirittura ipotizzato un Qe illimitato, con il solo obiettivo di tenere a zero il tasso di interesse dei titoli di Stato a 10 anni: altro che
tsunami di liquidità. I portafogli delle Banche centrali hanno assunto così dimensioni gigantesche, mai viste prima, soprattutto se misurato in proporzione alla economia reale.
Veniamo dunque al rublo, ed alla decisione del governo russo.
Affrontiamo subito la
questione della svalutazione del rublo che è stata determinata sul mercato dalla notizia delle sanzioni, con tanti cittadini russi preoccupati per i loro risparmi, e che vendevano rubli per acquistate valute forti come dollaro ed euro. Sono state prese due misure per scoraggiare queste operazioni: obbligando gli esportatori a cedere l'80% delle disponibilità di valuta straniera; aumentando il tasso di interesse sul rublo al 20%.
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