Occorre riflettere sulla natura delle monete, per come si è evoluta da una dozzina di anni a questa parte. Da qui bisogna partire, prima di affrontare il nodo politico ed analizzare le questioni finanziarie e monetarie che derivano dalla decisione della Russia di accettare solo pagamenti in rubli per le forniture di gas acquistate dai Paesi ostili, quelli che le hanno imposto sanzioni per la guerra in Ucraina, non accettando più né dollari né euro.
C'è un primo punto preliminare: le
cryptovalute, che da qualche anno proliferano numerose, fiorenti ed incontrollabili, denotano su base tecnologica una esigenza che non è affatto nuova: quella di una moneta che sia in qualche modo difficile da creare, soprattutto per le complesse tecniche di criptazione che sono necessarie per crearle, della architettura informatica indispensabile per la loro circolazione, del consumo di energia elettrica e dei lunghi tempi di calcolo.
La
offerta di cryptovalue è dunque tendenzialmente limitata dai costi legati alla loro produzione e transazione.
Le cryptovalute rappresentano dunque una sorta di reazione rispetto alle politiche monetarie ultra espansive e non convenzionali che sono state adottate dopo la Grande Crisi Finanziaria del 2008.
La seconda questione su cui occorre riflettere è rappresentata infatti dalla
crescita smisurata della liquidità creata in questi anni da parte di quasi tutte le banche occidentali: solo la Banca del Popolo cinese e la Banca nazionale russa si sono attenute alle politiche monetarie ortodosse.
Si è andata diffondendo tra le Banche centrali occidentali, replicandolo senza limiti, quell'intervento straordinario, eccezionale e limitato al solo dollaro che per anni era stato soprannominato la "
Greenspan Put": l'
immissione di dollari, che era stata teorizzata dall'omonimo Governatore della Federal Reserve, come unico rimedio alle crisi che mettevano in pericolo la stabilità finanziaria internazionale.
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